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La comunità medica torinese piange Luigi Dogliotti, oncologo e professore dell'ospedale San Luigi di Orbassano

Scomparso a 81 anni, sabato si terranno i suoi funerali

Martedì 15 novembre 2022 è scomparso il professor Luigi Dogliotti, conosciutissimo oncologo di Torino noto per avere fondato, nel 1987, e poi diretto fino alla pensione la prima unità di oncologia medica universitaria del Piemonte, nell'azienda ospedaliero-universitaria San Luigi di Orbassano. Aveva 81 anni e lascia la moglie Grazia, i figli Ilaria, Lorenzo e Gaia e i fratelli Nanni e Carlo. I suoi funerali si terranno alle 9,30 di sabato 19 nella parrocchia Madonna Addolorata del Pilonetto, in corso Moncalieri. Laureato col massimo dei voti e dignità di stampa il 16 novembre 1965 all'Università di Torino, Dogliotti ottenne successivamente specializzazioni in endocrinologia, cardiologia e medicina interna, prima di passare definitivamente all'oncologia, disciplina che ha insegnato a migliaia di aspiranti medici per tutto il resto della sua vita.

Il ricordo della figlia Gaia

"Diranno tante cose belle di te - scrive su Facebook la figlia Gaia -. Del tuo lavoro, del tuo impegno, della tua eleganza e generosità. Della tua ironia pungente e perfetta. Della tua intelligenza e della tua dolcezza. Io te le ho dette tutte le mie in questi 41 anni insieme. Te ne avrei volute dire tante ancora. Ma la verità è che mi manca quando avevo la febbre e arrivavi da fuori col cappotto freddo e io ci ficcavo la faccia annusando l'odore dell'inverno. Quando mi davi una aspirina per curare più o meno tutto. Quando mangiavi il panettone a pezzi dal sacchetto perché così era più gustoso. Quando sulla seggiovia mi scaldavi le mani nelle tue. Quando mi facevi ripetere geografia tornando dalla montagna. Quando mi raccontavi il meteo e io mi arrabbiavo che mi trattavi da bambina. Eri il mio papà. Il mio bellissimo papà. E a cinque anni avevo già capito la cosa più importante da dirti".

Il ricordo del professor Alfredo Berruti, suo allievo

"Se ne è andato a pochi mesi dalla scomparsa dal suo amico di sempre, il professor Alberto Angeli", dice il professor Alfredo Berruti, suo allievo e attuale professore di oncologia medica all'Università di Brescia. Nella sua eclettica carriera scientifica portò avanti studi come quello sulla mastopatia fibrocistica e il rischio di carcinoma mammario, che lo portò, insieme con il professor Angeli, a collaborare con l’Università Rockfeller di New York; quello sulla cronoterapia dei tumori, in collaborazione con l’ospedale Paul Brousse di Parigi, che lo portò a instituire il primo centro italiano per la cronoterapia dei tumori e a rivestire la carica di vicepresidente dell’Eortc Chronochemotherapy Study Group for gastrointestinal tumors, dal 1996 al 2004; quello sulla terapia del carcinoma mammario, che lo portò a coordinare un gruppo cooperativo piemontese per la conduzione di studi multicentrici di fase II e III nella malattia metastatica e a collaborare con l’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona  e l’Università di Oxford (Regno Unito) per l’attuazione di studi di ricerca traslazionale riguardanti la terapia neoadiuvante; quello sui tumori neuroendocrini, che furono il suo cavallo di battaglia nell’ultima parte della sua carriera. "In quest'ultimo ambito - racconta Berruti - contribuì a sviluppare sul piano clinico il ruolo della cromogranina-A circolante nella gestione dei pazienti affetti da queste patologie e fu uno dei pionieri italiani per lo studio del fenotipo neuroendocrino del carcinoma prostatico. Del professor Dogliotti ricordiamo l’eleganza, la gentilezza e la profonda umanità che caratterizzavano il suo rapporto con pazienti e collaboratori. Da lui abbiamo avuto solo stimoli e incoraggiamenti e mai ostacoli. A noi, sui allievi, resta il dolore per la sua scomparsa e i ricordi del periodo bellissimo passato insieme a condividere entusiasmi e difficoltà della vita lavorativa e di tutto quanto in tanti anni abbiamo costruito sotto la sua guida".

Il ricordo del professor Oscar Bertetto

Il professor Oscar Bertetto, direttore della rete oncologica del Piemonte e della Valle d'Aosta, lo ricorda così: "Per noi colleghi era Gigi. Lo conobbi più di 40 anni fa quando l'oncologia medica era agli albori e lui divenne per l'Università degli studi di Torino il cattedratico di questa disciplina. Introdusse tra i primi il dosaggio dei recettori ormonali estrogenici e progestinici nelle cellule tumorali mammarie, come fattore predittivo di risposta alla terapia ormonale oltre al suo valore prognostico favorevole sulla evoluzione della malattia. Il carcinoma della mammella fu uno dei principali temi delle sue ricerche e vi si dedicò per tutto l'arco della sua attività clinica, con la pubblicazione di numerosi lavori su importanti riviste scientifiche internazionali, trattando sempre le principali innovazioni terapeutiche che riguardarono questo campo di studi. Non fu naturalmente il solo interesse; dedicò altrettanto impegno alle ricerche sui tumori neuroendocrini tanto da rendere il San Luigi di Orbassano, l'ospedale in cui lavorava, un eccellente centro di riferimento per queste neoplasie, che colpiscono organi molto diversi tra loro ma presentano caratteristiche biologiche che le accomunano negli approcci diagnostici e terapeutici. Dedicò una parte del suo impegno ai tumori urologici, in particolare al tumore prostatico: la scuola del professor Angeli, di cui faceva parte, lo portò ad approfondire il processo di metastatizzazione ossea e le ripercussioni sul metabolismo osseo dei trattamenti ormonali. La sua curiosità di scienziato lo portarono ad esplorare temi molto particolari quali la cronobiologia scoprendo in tal modo che nel corso della giornata non solo varia nel tempo la secrezione dei vari ormoni, per esempio il cortisolo ha un preciso ritmo circadiano, ma anche la moltiplicazione delle cellule tumorali presenta nelle diverse ore della giornata velocità variabili che le rendono più o meno sensibili alla chemioterapia che a sua volta presenta una diversa tossicità secondo l'ora del giorno in cui viene somministrata. Sono state ricerche di grande interesse, a mio parere sottovalutate, che dovrebbero essere continuate e approfondite. Così forse con troppa precipitazione si sono sottovalutati gli studi sui mitocondri delle cellule tumorali che potrebbero essere selettivamente danneggiati rispetto a quelli delle cellule normali: un'altra sua intuizione purtroppo insufficientemente dimostrata dagli studi da lui promossi sulla lonidamina. Fu un convinto partecipante fin dal suo esordio al modello organizzativo della rete oncologica del Piemonte come responsabile del polo di Torino Nord Ovest e fu sempre presente con i suoi saggi consigli e i suoi interventi mirati all'Unità di coordinamento rete. Organizzò e partecipò a molti eventi formativi intervenendo sempre con equilibrio e pacatezza, unendo alla conoscenza medico-scientifica una profonda cultura umanistica che gli consentiva una capacità didattica fatta di chiarezza e precisione associate ad argute osservazioni e aĺla capacità di alleggerire le discussioni riportandolo alla loro essenzialità. Era stimato dai pazienti per la sua disponibilità e per la sua professionalità. Ho personalmente apprezzato la sua eleganza di modi associata a una spontanea semplicità, il suo atteggiamento sempre affabile e cordiale, la sua vivace convivialità che lo rendeva un piacevole intrattenitore nei momenti di pausa dei convegni, conversare con lui non era mai noioso e mostrava una attenta sensibilità nei confronti di tutti. Non posso che ricordarlo con riconoscenza per quanto mi ha insegnato e trasmesso, con stima per quanto ha rappresentato per l'oncologia italiana e con affetto, perché anche nei momenti del confronto in cui si doveva decidere, ho sempre sentito il suo spirito costruttivo di collaborazione. Continuerò per questo a ricordarlo e sentirlo vicino".

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