La scommessa della neo libraia: "Una libreria per fare comunità: dopo il covid c'è bisogno di ascolto"
"Relazioni umane un motivo per far scegliere noi al posto di Amazon"
"Voglio che la mia diventi una libreria di comunità. In grado di offrire un buon motivo per scegliere di comprare un libro da me e non su Amazon". Paola Tombolini in un mese ha fatto tutto: ha scelto il locale, lo ha allestito e ha aperto le porte della sua nuova libreria ai quartieri di San Salvario e Nizza Millefonti.
Si chiama Libreria Belleville ed è in piazza De Amicis, proprio di fronte alla fermata della metropolitana Dante: "Siamo ecosostenibili", dice Paola sorridendo, "chi vuol venire da noi non deve neppure prendere l'automobile". Alle spalle ha già un'esperienza in materia di libri non indifferente visto che in passato ha già gestito una libreria e lavora in Golem Edizioni, casa editrice torinese, ma questo non le impedisce di definirsi un po' incosciente.
"Aprire la libreria è un'idea che è maturata alla luce dei cambiamenti che il covid ha portato", racconta, "Non so se sono coraggiosa o incosciente. È vero che hanno chiuso diverse librerie a Torino e fanno rumore perché sono il luogo della cultura, ma la questione ha toccato tante realtà commerciali. Secondo me ci vuole un mix di fortuna e incoscienza, e poi spero che le persone che in questi giorni stanno entrando da noi riescano a trovare nella relazione un motivo per scegliere di venire da me e di non cliccare su Amazon l'acquisto di un libro".
In che senso? "Quando parlo di relazione intendo, al di là di eventi e momenti di aggregazione per il quartiere stesso, di poter offrire alle persone ascolto. Il fatto di poter entrare in un posto e poter fermarsi a chiacchierare, fare una risata, anche andando oltre il consiglio del libro o dell'acquisto. Un luogo dove fare comunità. Nei primi giorni che ho aperto sono entrati in tanti e tutti mi hanno raccontato qualcosa di loro e io ho raccontato loro qualcosa di me".
Perché secondo lei? "Dopo due anni in cui siamo stati tutti chiusi, con gli occhi bassi, a distanza di sicurezza, adesso le persone hanno voglia di ricominciare a vivere il contatto con l'altro. Credo nella gentilezza, nei sorrisi, nella cortesia, nel saper ascoltare. Che vuol anche dire saper cogliere i gusti di chi si ha di fronte e aiutarli a scegliere il libro da leggere".
Aprirsi all'ascolto per avvcinare le persone? "A me piace pensare che questa possa essere una libreria che crei una relazione di vicinato e comunità. Che faccia incontrare chi vive in questo quartiere, magari scoprendo che sono vicini di casa e non se ne sono mai accorti".
Un po' di coraggio però ci vuole. "In questo mese di lavoro, ogni giorno in cui ero dentro al negozio per sistemarlo in vista dell'apertura, non c'è stato momento in cui non entrasse qualcuno a chiedermi cosa stessi facendo. Quando dicevo che avrei aperto una libreria le persone reagivano illuminandosi. Questa cosa mi ha incoraggiato".