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Mercoledì, 27 Settembre 2023
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Covid, i contagi sono in aumento: dobbiamo preoccuparci? La risposta del virologo

Il dato da tenere sotto controllo sono le ospedalizzazioni

Crescono i contagi da covid in Italia e in Piemonte, dobbiamo preoccuparci? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Di Perri, virologo piemontese che durante la pandemia è stato un punto di riferimento per i piemontesi. Prima di tutto però i numeri: a ieri, martedì 5 luglio, i nuovi contagi nel Paese erano oltre 132.000 e in Piemonte erano 7.449, ma - come ha detto nei giorni scorsi il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio - il dato da monitorare è quello dei ricoveri in terapia intensiva che sempre ieri nella nostra Regione era fermo a 8 persone. 

Intanto in Piemonte si presenta una prevalenza della variante BA.5 di Omicron e, come nel resto del mondo, si cerca di comprendere se la variante indiana avrà effetti da monitorare con estrema attenzione. "Si tratta dell'ennesima variante e occorre sincerarsi che mantenga la ridotta virulenza delle precedenti", spiega Giovanni Di Perri, virologo del reparto di malattie infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino, "è questa l'incognita prioritaria. Comunque faremo i conti con questa variante e con la BA.5 che è quella che ci ha invaso". 

A cosa dobbiamo stare attenti? "Non ci sono prerogative particolari per ritenere questa nuova variante molto diversa dalle altre. Il punto prioritario è assicurarsi che la virulenza delle nuove varianti non sia maggiore di quelle che l'hanno preceduta, visto che si è ridotta con tutta la famiglia Omicron", continua Di Perri. 

Dobbiamo preoccuparci? "Nessuno ha gli strumenti per rassicurare che la virulenza non tornerà mai indietro. È chiaro che se lei confronta quel che corrisponde in ospedale alle nuove infezioni, noi vediamo che in rianimazione ci vanno quindici volte di meno e nel reparto con ricovero ordinario cinque volte di meno. Considerate che il 95% dei ricoveri ordinari per covid sono persone malate, anziane, che hanno avuto una destabilizzazione del loro precario equilibrio. La polmonite da covid non la vediamo praticamente più. È un effetto simile a quello dell'influenza". 

La differenza tra il covid e l'influenza è che il primo non sembra avere una flessione stagionale come i medici speravano. Si è aperto in questi giorni un dibattito sull'uso della mascherina, secondo lei dobbiamo tornare indietro? "Come responsabilità collettiva le misure da prendere sarebbero troppo restrittive e non potremmo permettercelo, inoltre avremmo un effetto basso perché è davvero contagiosa".

Dobbiamo imparare a conviverci? "Sì, la vita dovrebbe tornare quella di prima quando sarà definitivamente diventata un'infezione banale. In questa fase vale molto la responsabilizzazione individuale in funzione del proprio stato di salute. Se si è anziani, con malattie polmonari, cardiache o così via si deve stare attenti, come se c'è il rischio di portarlo in casa a persone vulnerabili: chi vive con i vecchi genitori dovrà stare attento al proprio comportamento". In tutto questo, è evidente, un ruolo fondamentale lo ha avuto il vaccino. 

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