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Attualità Centro / Corso Giacomo Matteotti, 3

Lo storico negozio Scali chiuso a fine 2018: "Adesso vi racconto che cosa ci è successo"

Le parole del figlio dello storico titolare scomparso

Che fine ha fatto lo storico marchio Scali, negozio di abbigliamento che aveva due rinomati punti vendita nel centro di Torino, in via Roma 288 e in corso Matteotti 3? Di questo non si hanno più tracce dal novembre 2018, quando anche il secondo aveva chiuso i battenti per sempre.

Oggi, venerdì 5 febbraio 2021, a raccontarlo a TorinoToday è Diego Scali, 38enne figlio di Rolando, lo storico titolare che ha portato avanti la catena per decenni e ha dato lavoro a decine di persone. "Lo devo soprattutto a lui - dice Diego, che allora non ha più un lavoro ma che resta proprietario del marchio - che è morto il 19 luglio 2019 a 72 anni dopo anni di sofferenze e di amputazioni. Purtroppo quello che è accaduto a noi sarebbe potuto succedere a tanti imprenditori del settore. Vorrei che tutti sapessero che Scali non ha chiuso né per la crisi, che certamente si è fatta sentire, né per una cattiva gestione da parte del sottoscritto, ma per il susseguirsi di una serie di eventi catastrofici che non hanno avuto giustizia. Da allora io e mia madre stiamo affrontando una situazione di vita pessima".

Adesso Diego e sua madre, infatti, vivono con gli 870 euro mensili di pensione di reversibilità del padre. Lui ha provato a cercare altri lavori, ma finora ha soltanto trovato porte chiuse. "Siamo stati abbandonati da tutti - racconta -, anche da persone che mio padre aveva aiutato. Scali ha chiuso per l'indifferenza delle persone che hanno negato un aiuto e ciò le rende complici, perché l'indifferenza è grave allo stesso modo del danno. Mio padre stava morendo, eravamo senza liquidità e non abbiamo avuto la possibilità di rialzarci".

Che cosa è accaduto nello specifico? "Il negozio di via Roma è stato chiuso nel 2016 dopo un contenzioso per 120mila euro con la Colmar per debiti accumulati pregressi della società che mio padre aveva acquistato da suo fratello. Ci fu negato di dilazionare il pagamento e così mio padre dovette vendere i muri, che aveva comprato per garantire un futuro a me e che invece cedette a un prezzo basso per avere la liquidità per pagare, e anche chiudere il punto vendita per concentrarsi esclusivamente su quello di corso Matteotti. In quel frangente andarono in fumo gli sforzi di una vita di lavoro".

In ogni caso, per due anni il negozio di corso Matteotti sembrava reggere bene, nonostante la crisi. Che cosa è accaduto poi? "A parte la malattia di mio padre che iniziava a farsi difficile, nel luglio 2018 si presentò alla porta un ufficiale giudiziario che ci disse, senza che noi avessimo avuto preavvisi da parte della proprietà, che l'immobile era stato pignorato. Essendo affittuari in scadenza di contratto ci restavano pochi mesi per andare via. Avevamo appena acquistato 7mila pezzi per il magazzino della nuova stagione, per un valore di un milione e mezzo di merce, e non avevamo liquidità né per aprire un nuovo negozio né per affittare un magazzino in cui sistemare la merce. Siamo stati costretti a fare svendite e promozioni ma non è bastato. A novembre si presentò una persona che offri 7mila euro e fui costretto ad accettare. Dopo 40 anni, l'attività di Scali era finita e io ero senza un lavoro. Il sogno di mio padre era finito".

E adesso? "Io sono un sognatore - conclude Diego Scali - e a oggi non ho i mezzi,ma sto sperando in alcune persone che hanno grandi vedute per il settore. Credo sia giusto dare anche una seconda possibilità anche alle persone e chissà che un giorno non possa rinnovare questo marchio ed esaudire ciò che, forse, potrei meritarmi. Sono rimasto infastidito dal chiacchiericcio e dall'avere proposto a tante persone di investire nel nostro marchio senza avere riscontro. Forse non c’è voglia di credere nell’imprenditoria italiana".

Intervista su chiusura del negozio Scali - 5 febbraio 2021

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