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La sindaca Appendino: "Senzatetto: cura e inclusione sono i pilastri di Torino"

E ribadisce: nessuna guerra

A Torino è in atto una 'guerra' ai senza fissa dimora? C'è da parte dell'amministrazione comunale un piano per creare diffidenza attorno ai clochard in modo da avviare un lento e mirato processo di sgombero? Domande che sorgono al termine di due settimane di scontro dialettico sul tema. In principio ci sono le dichiarazioni del comandante della polizia locale, Emiliano Bezzon, che in sostanza ha invitato i torinesi a non foraggiare le tasche dei senzatetto con la loro elemosina; poi arriva la bozza del nuovo regolamento cittadino sugli animali che prevede la requisizione degli animali da compagnia a chi vive in strada; infine l'operazione della polizia, assistita dagli stessi vigili, che ha portato allo sgombero dei senzatetto di via Cernaia, corso Vinzaglio e via Viotti. Fatti messi in fila uno dopo l'altro che potrebbero far pensare a un percorso meditato, oppure a una tempistica d'azione semplicemente 'imperfetta'. Oggi, sabato 6 febbraio 2021, abbiamo chiesto qualche spiegazione alla sindaca Chiara Appendino. Qui sotto domande e risposte della prima cittadina.

Esiste un collegamento tra tutti questi provvedimenti che oggettivamente cambiano la vita di queste persone? E, se sì, qual è la ratio?

"I fatti in questione sono tutti indipendenti e condotti da autorità ed istituzioni distinte. Non c’è dunque un collegamento tra essi, ma una ratio alla base dell’agire pubblico che è sempre e solo la tutela di tutte le persone, a partire dalle più fragili. E dal mantenimento di delicati equilibri della comunità. Aggiungo che a cambiare la vita di queste persone sono, negli anni, numerose attività che vengono svolte quotidianamente dai servizi sociali della città, anche in collaborazione con le altre istituzioni locali e nazionali e con le realtà del terzo settore. Di cui purtroppo si parla poco". 

L'operazione di giovedì 4 febbraio ha fatto molto discutere, anche perché giunge al termine di due settimane di dibattito acceso. Avete chiarito che non è stato uno sgombero effettuato dal Comune in autonomia, ma è stato disposto dal questore dopo esposti della cittadinanza. Risulta che comunque i senzatetto siano tornati al loro posto. Avete un'idea di chi siano queste persone, del perché tornino a dormire sotto i portici e del perché non si rivolgano ai dormitori? 

"Certo. Li conosciamo tutti. È un errore pensare che queste persone stiano dove sono senza che nessuno si interessi a loro e vada, quotidianamente, a fornire aiuto e servizio. Chiariamo però subito un elemento fondamentale che credo sia mancato nel dibattito di questi giorni: si tratta di operazioni che vengono svolte regolarmente da anni. Se le telecamere fossero state lì le settimane o i mesi scorsi avrebbero documentato le stesse cose.  Anzi, è l'occasione per ringraziare forze dell'ordine, servizi sociali, vigili e Amiat che da sempre sono sul territorio. Alcune persone senza fissa dimora sono più restie a usufruire dei dormitori che il Comune (ma non solo) mette a disposizione.  Ci sono persone che non amano condividere gli spazi con altri o soffrono nei luoghi chiusi, per esempio. Ricordo il caso di una donna che aveva scelto un posto per dormire vicino a una casa di accoglienza, ma non ci voleva entrare: lo aveva identificato come luogo sicuro, ma poiché soffriva di claustrofobia non c'era modo di convincerla a dormire all'interno".

Il fatto che il dormitorio comunale sia in via Traves, oggettivamente distante dal centro cittadino, potrebbe essere un ostacolo per alcuni senzatetto? 

"Si tratta di un sito umanitario, uno spazio salvavita, dove si entra anche senza documenti, che ha visto numerosi miglioramenti rispetto a quelli degli anni passati. La principale novità è che si danno anche pasti caldi serali, cosa che prima non avveniva. Questo permette a chi ne vuole usufruire di fare meno spostamenti e recarsi direttamente in via Traves, anche prima dell’orario del cosiddetto coprifuoco. 
La riprova di questi miglioramenti sta nel fatto che il dormitorio di via Traves è stato particolarmente frequentato in questi mesi". 

Il coronavirus ha portato a un sostanziale aumento delle persone che sono costrette a chiedere l'elemosina, a vivere per strada o a rivolgersi a dormitori e associazioni di volontariato per riuscire a sopravvivere. Il Comune nell'ultimo anno come ha modificato, se lo ha fatto, le politiche cittadine rivolte a queste persone?

"In realtà non abbiamo evidenza di persone finite in strada a causa del covid. Abbiamo invece la consapevolezza di un'emergenza sociale causata da quella sanitaria. Ma le misure per affrontare l'emergenza abitativa sono molte. Non scordiamo tra l'altro che, per esempio, gli sfratti sono bloccati da mesi e lo saranno ancora fino a giugno. I numeri delle persone in strada ci risultano abbastanza stabili. Ogni anno ci sono persone che escono dalla vita di strada e altre entrano. Piuttosto può esserci una maggiore percezione del fenomeno poiché alcune persone, per paura del contagio, hanno preferito rimanere in strada. Vale la pena ricordare, tuttavia, che in tutti i dormitori sono state prese le misure necessarie per combattere il coronavirus. Il Comune quest’anno si è dotato di una rete, chiamata Torino Solidale, che ha aiutato ogni mese 10mila famiglie. Si tratta di 12 snodi che, grazie a una grande sinergia e collaborazione, hanno dato cibo e beni di prima necessità a chi ne aveva più bisogno, in uno dei periodi più bui della città e del Paese". 

Il Comune ha previsto un 'piano B' per tutti coloro che vivono in strada? Tra questi ci sono anche individui che rifiutano una sistemazione e una vita alternativa? Se sì, vi siete fatti un'idea del perché?

"Il Comune, con il Servizio BOA, ma anche la Chiesa e le associazioni del terzo settore, avvicina i senzatetto per dare eventuale assistenza. Alcuni sì, rifiutano alternative per vari motivi, di cui abbiamo parlato sopra. Il nostro obiettivo rimane tutelare tutte e tutti, compatibilmente con gli equilibri del territorio. Cura degli ultimi, certo. Ma sarebbe ipocrita ignorare che in alcuni casi ci sono situazioni di disagio per i residenti. E un’amministrazione ha il dovere di affrontarle". 

Le parole del comandante Bezzon hanno scosso l'opinione pubblica: vi siete parlati di quel che ha detto? Come giudica quelle parole? È indubbio che il tema tocca la sensibilità della popolazione.

"Certo. Il confronto con la macchina comunale è vivo e sistematico, proprio per affrontare al meglio i temi che toccano i cittadini. Il merito di ciò che è stato detto dal comandante Bezzon è stato ribadito dalla vicesindaca Schellino e da me. E colgo ancora una volta l’occasione per ribadire che quella di aiutare i senzatetto in modi alternativi alle elemosina è la linea dell’amministrazione dai primi anni in cui si è insediata. Io stessa feci per primo un invito ai cittadini ad aiutare chi è più in difficoltà, e di farlo dando sostegno, anche economico, alle realtà che degli ultimi si occupano in modo professionale. Dietro a un senzatetto ci sono spesso gravi disagi, non solo economici, ma anche sociali e psicologici. Questi si affrontano con competenze e professionalità, non bastano poche monete. Per quanto, non lo metto in dubbio, vengano date con il cuore. E ringrazio i cittadini torinesi che dimostrano questa grande sensibilità". 

Parlando di soldi, avete idea se chi vive in strada potrebbe essere vittima della criminalità organizzata?

"Non stupirebbe se qualcuno fosse vittima o strumento di fenomeni criminosi. È anche per questo che è necessaria la massima attenzione. Che già viene posta".

Un altro tema che tocca la sensibilità della popolazione è quello degli animali che vivono con queste persone. La bozza di regolamento sugli animali che è in discussione verrà modificata lasciando libertà ai senzatetto di tenere al loro fianco i propri cani?

"Gli animali da compagnia sono di estrema importanza per molti senzatetto. Motivo per cui sono accolti nei dormitori gestiti dal Comune. 
Sono certa che l’unico obiettivo comune è quello di sottrarre gli animali a fenomeni di maltrattamento, sfruttamento e racket. Non certo di togliere gli animali a chi se ne prende cura". 

Un esempio concreto è quello della signora che viveva alla fermata Caprera della linea 10, è stata allontanata dalla fermata ed è stata fornita una sistemazione a lei e ai suoi animali: in un caso come quello come avete agito? Dove si trovano adesso?

"Quella signora, da tempo seguita dai nostri servizi sociali, viveva con cinque cani, alcuni di grossa taglia. Impossibili da tenere con lei in dormitorio. E, soprattutto, erano cani che richiedevano cure specifiche. Per questo motivo, d’accordo con la signora, sono stati affidati alle cure di un canile. Non solo, la notizia positiva è che dopo diverso tempo questa signora ha iniziato a fidarsi e ha permesso ai nostri servizi di aiutarla. Così come c’è stato un altro caso di un senza fissa dimora con entrambe le gambe in cancrena e che nessuno riusciva ad avvicinare. Le donne e gli uomini dei civich, con tatto e rispetto, sono riusciti a conquistare la sua fiducia e ora si sta facendo curare in ospedale". 

Una cosa è certa: il tema deve essere risolto perché non si può andare avanti così all'infinito. L'amministrazione comunale sta studiando qualcos'altro anche con le forze dell’ordine?

"Risolvere il tema dei senza fissa dimora vorrebbe dire risolvere molti problemi legati alla povertà (e dunque al reddito e al lavoro), alla socialità, alla sanità. Un obiettivo di lungo periodo che stiamo affrontando con tutte le nostre forze. E che deve essere affrontato almeno a livello di area vasta, se non di tutta la città metropolitana. Con collaborazioni, strategie e mezzi adeguati. A livello nazionale, lo ricordo, sono già state messe in campo soluzioni determinanti come il reddito di cittadinanza. Il fenomeno però è qui ed ora. Questa amministrazione (e, torno a dire, non da sola) se ne è concretamente presa cura. Ma va detto, al di là di ogni ideologia. Ci sono persone che hanno bisogno di aiuto. E devono essere aiutate, come stiamo facendo. Ma ci sono anche situazioni di disagio che interessano i quartieri dove queste persone vivono, e queste non sono meno importanti. Accoglienza, cura e inclusione di queste persone sono la strada maestra. Ma senza ipocrisie. Se in alcuni casi sarà necessario agire anche con altri strumenti, a supporto delle altre autorità, continueremo ad essere pronti a farlo".

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