rotate-mobile
Attualità Centro / Piazza Palazzo di Città

Appendino, la gravidanza e la discriminazione di genere: "Essere incinta non vuole dire essere malata"

La sindaca è al settimo mese di gravidanza

"Essere incinta non vuole dire essere malata". Con un lungo post sui social Chiara Appendino, la sindaca di Torino, ha voluto affrontare un tema estremamente importante e delicato che ogni donna vive a modo proprio. Quello della maternità e di come sia cambiato negli anni e di come debba cambiare in futuro. 

Sì, perché, nonstante l'esperienza personale che varia da donna a donna, quello che è necessario, secondo la prima cittadina, è creare un processo, anche culturale, di “normalizzazione” della gravidanza e per farlo è necessario rivedere il modo questa incide sul percorso professionale della donna. 

"Recentemente la Legge ha dato la possibilità alle donne di lavorare fino al nono mese, a patto di avere un parere medico favorevole", scrive Chiara Appendino nel post, "Spostando il congedo di maternità ai cinque mesi successivi al parto. Lo trovo un ottimo segnale, sia per le donne, che hanno maggiore possibilità di scelta, sia per un mondo del lavoro che - colpevolmente - ha sempre visto la gravidanza come una condizione patologica, dando per scontato che una donna non possa creare valore in ciò che fa se aspetta un figlio".

A ribadirlo è lei che nel 2016 visse una faticosa campagna elettorale con il pancione e che adessosta vivendo gli ultimi mesi da sindaca in attesa del piccolo Andrea. "Penso che la vita professionale vada intesa come un cerchio più che come una linea retta. Un cerchio il cui diametro si allarga con diverse esperienze, inclusa la maternità", continua nel suo post la sindaca, "Certo, servono strumenti normativi e un salto culturale che oggi ancora non c’è, serve uno Stato pronto ad accompagnare la donna durante tutta la maternità, a partire dai servizi di welfare. Inutile negarlo, io ho potuto scegliere: sono fortunata". 

E poi i quesiti legittimi che spesso rimangono in sospeso: quante donne, oggi, possono realmente autodeterminarsi, nella scelta di percorrere una gravidanza? Quante donne possono scegliere di diventare madri consapevoli che avranno risorse, garanzie e qualcuno su cui contare dopo la nascita del figlio?

Un'esperienza, quella della genitorialità, che si può trasformare in una vera e propria sfida se madre e padre non vengono aiutati. "Hai paura di chiedere permessi al lavoro (ammesso che tu li abbia). Hai paura di non trovare posto in un nido pubblico. Hai paura di non avere le risorse sufficienti in caso di problemi imprevisti. Hai paura di ammalarti perché non avresti chi ti potrebbe stare accanto. E potrei andare avanti ore", scrive Appendino. Paure che possono iniziare addirittura prima dell'arrivo del pancione, quando la donna cerca il modo di dire al titolare che è in dolce attesa o quando è costretta a impegnarsi a non rimanere incinta prima di firmare il contratto di lavoro.  

Appendino così oltre a raccontare la sua gravidanza e la sua voglia di maternità ha anche scoperchiata, per l'ennesima volta, il pentolone delle discriminazioni e difficoltà che molte donne sono costrette a vivere. "Vorrei un mondo dove ogni donna e ogni uomo hanno il diritto di diventare genitori in piena libertà, al riparo da ogni paura, con tutti gli strumenti normativi che uno Stato moderno può mettere a disposizione", ha concluso.
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Appendino, la gravidanza e la discriminazione di genere: "Essere incinta non vuole dire essere malata"

TorinoToday è in caricamento