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Allarme della Coldiretti: "Il caldo di questo periodo mette a rischio le coltivazioni della provincia di Torino"

Secondo gli agricoltori i danni sono già stati di 250 milioni di euro. E c'è anche il problema delle api che si risvegliano in anticipo dal letargo

Il caldo anomalo di fine dicembre 2022 e inizio gennaio 2023 rischia di mettere a rischio la produzioni agricole del territorio di Torino e provincia. A dare l'allarme è la Coldiretti, secondo cui i danni da tropicalizzazione del clima nella zona hanno già superato i 250 milioni di euro. "Con temperature che nei frutteti di Cavour superano i 15 gradi e con lo zero termico a 3mila metri nelle ore centrali, le coltivazioni del Torinese, a iniziare da quelle frutticole, sono ingannate dal clima - spiegano dall'associazione degli agricoltori -. Il pericolo è che le gemme e i fiori sboccino quando sarà ancora molto alta la probabilità di gelate notturne distruggendo, in un colpo solo, la frutta prima ancora che le piante mettano fuori le foglie. Come è accaduto nel 2021, quando, l’8 aprile, la gelata più forte degli ultimi 50 anni ha colto gli alberi da frutta con i frutticini già allegati causando in un paio di notti milioni di danni quasi e azzerando sul nascere la produzione di mele, pere, pesche, albicocche, kiwi, ciliegie nel Pinerolese".

Sergio Bunino, tecnico frutticoltore coordinatore della commissione ortofrutta di Coldiretti Torino, spiega: "Se questo inverno anomalo non lascia subito posto al normale freddo di gennaio c’è il forte pericolo che le piante percepiscano una falsa primavera e che, a febbraio, con un mese di anticipo, diano il via alla stagione vegetativa arrivando alle fioriture troppo presto. Se un albero da frutto fiorisce a marzo invece che aprile in un clima come quello pedemontano è quasi sicuro che verrà esposto a un ritorno di freddo, magari con i frutticini che iniziano a svilupparsi. In questo caso i frutti muoiono e non ricrescono". A preoccupare gli agricoltori è anche l’anticipo di scioglimento della poca neve caduta nelle nevicate di dicembre. "I 40 cm di manto oltre i 1.500 metri - spiegano da Coldiretti - erano una garanzia per l’estate. Ora questo scioglimento rapido fin oltre i 2mila metri fa già sparire la riserva d’acqua preziosa per le irrigazioni estive".

Infine, c'è allarme sul comportamento delle api, che stanno già cessando la letargia invernale e che escono per cercare nettare e polline che, naturalmente, non  trovano ancora. "Un danno enorme per le oltre 300 aziende apistiche del Torinese - spiega Claudia Roggero, apicoltrice, di Giovani Impresa Coldiretti Torino -. Quando le api percepiscono le temperature miti iniziano a uscire dall’alveare perché, per loro, è iniziata la primavera e immaginano di trovare fioriture nettarifere. Inoltre, se continua così le regine ricominceranno a produrre uova, al ritmo di 2mila al giorno, con le nuove larve che dovranno essere nutrite proprio nel momento in cui saranno terminate le scorte invernali. Così, da una parte aumenta la popolazione dell’alveare e dall’altra le api bottinatrici consumano più energie nel volo senza trovare nulla da mangiare. Questo mentre le scorte sono state intaccate già dalla tarda estate per la cessazione prematura delle fioriture causata dalla siccità. Per non vederle morire abbiamo dovuto alimentarle artificialmente con fruttosio e candito: una spesa, viste le ultime annate disastrose, che speravamo di non dovere affrontare".Il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, chiede quindi di "varare adesso quelle misure strutturali che ci permettano di affrontare siccità, alte temperature e un clima che alterna bombe d’acqua a lunghi periodi di mancanza di precipitazioni. Piccoli invasi, sburocratizzazione per la trivellazione di pozzi nei campi, utilizzo delle acque depurate, uso plurimo delle acque per le derivazioni idroelettriche: sono tutte azioni che devono partire il più presto possibile se non vogliamo trovarci impreparati ad affrontare nuove emergenze".

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