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Sabato, 20 Aprile 2024
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“La città più profonda, enigmatica e inquietante del mondo”: più di un motivo per scoprire le curiosità di Torino

Tra personaggi noti, architettura e simboli

“Torino è la città più profonda, la più enigmatica, la più inquietante non solo d’Italia, ma di tutto il mondo”. Con queste parole Giorgio de Chirico, il maggior esponente della pittura metafisica, definisce la “bella signora”, la città che più di ogni altra colpì la sua immaginazione e che da sempre è conosciuta come luogo esoterico. Non fu il solo ad essere colpito al cuore in modo dirompente dai segreti cittadini, a Torino infatti soggiornarono e vissero numerosi personaggi legati alla magia: Paracelso il medico-mago, il Conte Cagliostro, Nostradamus e il Conte di Saint Germain, l’esoterista che ancora oggi affascina profondamente gli studiosi di ogni età.

È certo che i Savoia amassero l’occulto, tanto che alla Biblioteca Reale sono conservati numerosi testi di magia e Cristina di Borbone, la prima “Madama Reale”, amava studiarli e circondarsi di alchimisti, che fece arrivare a corte da ogni dove. La leggenda sostiene che sotto Palazzo Madama fosse stato costruito il laboratorio alchemico di Emanuele Filiberto e che lì si provasse, giorno e notte, a trasmutare i metalli in oro. Il mito delle grotte alchemiche, misteriosi tunnel che si troverebbero sotto la città (in particolare collegherebbero Palazzo Reale a piazza Statuto e piazza Castello a via Garibaldi, mentre la terza grotta, conosciuta solo da pochi iniziati, conterrebbe la pietra filosofale) e che sarebbero porte per altre dimensioni, è un evergreen che piace sempre e che sembra sia addirittura legato al satanismo e a strani sacrifici che proprio in quel luogo avrebbero avuto luogo.  

Il gran vociare sulla magia torinese non si spegne neppure in tempi più vicini a noi, infatti personaggi avvolti dal mistero come Gustavo Adolfo Rol, sensitivo nato nello scorso secolo, hanno fatto molto parlare di sé. Anche il mondo della comunicazione ha avuto i suoi esponenti: la giornalista Giuditta Dembech ha scritto molto su questi temi e la scrittrice Paola Giovetti, direttrice della rivista “Luci ed ombre”, ha studiato personaggi, fatti ed eventi singolari avvenuti a Torino per più di quarant’anni.

In una città dove l’occulto si respira in ogni pietra e ogni angolo parla di mistero, l’architettura non poteva che rispecchiare il comune sentimento: strani esseri, demoni a volte scherzosi, cariatidi, green man, melusine e immagini liberty si affacciano ovunque e spesso, come esoterismo vuole, non sono per tutti. Fuggono lo sguardo e si nascondono al passante distratto, ma svelano la loro armonica bellezza a chi è pronto a coglierla. Alcuni sono divertenti, come il mascherone del Mastio della Cittadella, che sbeffeggia gli invasori, giacché quella dove è posto è una finta porta, oppure i diavoli di corso Matteotti 35, green man che spalancano le fauci e mostrano due dentini vampireschi e uno sguardo spaventoso. Altri incombono altezzosi: al numero 31 di via San Quintino (era un tempo il numero 33) un telamone e una cariatide accolgono i visitatori con  atteggiamento vezzoso, coperti da drappi ben posizionati. In via Lascaris due occhi inquietanti sono stati incisi sul marciapiede, forse ad indicare la presenza in quel luogo di una loggia massonica del passato. E poi ci sono i “classici” dai molti significati: la cancellata di Palazzo Reale ha pannelli con testa di Medusa, una delle Gorgoni della mitologia greca, capace di pietrificare all’istante chiunque avesse incrociato il suo sguardo e il quadrato magico di via Gioberti 23, dove le parole Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas creano palindromi nel quadrato stesso, consentendo di leggerle nello stesso modo da destra o da sinistra.

La presenza di queste figure è da intendersi come positiva, sono da sempre protettori dei luoghi, esorcizzano il male in tutte le civiltà e da tempo immemore, in alcuni casi in una sorta di messaggio omeopatico, dove il simile però non cura ma… allontana il simile. E quindi ecco i demoni, i satanassi, i mostri, che respingono gli spiriti del male, i guardiani della soglia, termine che riporta a un significato squisitamente esoterico in molte tradizioni. Nel mondo romano il guardiano della soglia era Giano bifronte, che presidiava entrata e uscita e poteva proteggere oppure spaventare. Il termine divenne famoso nel 1842, con la pubblicazione del romanzo di Edward Bulwer Lytton “Zanoni, storia di un Rosacroce” e adottato poi da Madame Blavatsky, teosofa e medium russa dal fragoroso successo.

Bernardo di Chiaravalle già nel XII secolo si chiedeva a cosa servissero quei mostri posizionati nei chiostri e lamentava la possibile distrazione che potevano creare alla preghiera, anche l’uomo di oggi qualche domanda se la pone, il legame con il passato e il mito ha attraversato i secoli, portando fino a noi queste immagini dalla bellezza indiscutibile, a volte ironica e dal significato oscuro.

L’antropologo Massimo Centini, che da anni conduce una ricerca per classificare tutte le grottesche torinesi, ha affrontato l’argomento nel libro “Torino preziosa, guida storica alle curiosità della città”, edito dalla casa editrice Yume  
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