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Attualità Venaria Reale / Piazza Martiri della Libertà, 1

Il consiglio comunale di Venaria revoca la cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini

Forti polemiche per il provvedimento

È durata 15 anni la cittadinanza onoraria conferita a Silvia Baraldini dal Comune di Venaria Reale: dal 7 maggio 2007, quando l'allora governo cittadino guidato dal sindaco Nicola Pollari diede seguito ad un ordine del giorno approvato il 29 giugno 1998 fino a lunedì sera, 23 maggio 2022, quando il governo cittadino guidato dal sindaco Fabio Giulivi ha approvato una mozione presentata da Fratelli d'Italia e supportata da Venaria Riparte, Forza Italia e Lega.

Il provvedimento di revoca è passato con 14 voti a favore, tre contrari e tre astensioni.

Nel 1998, i consiglieri comunali di Ds, Rifondazione, Partito Popolare e Uniti per Cambiare approvarono il documento per spronare il governo Prodi a impegnarsi per riportare in Italia la Baraldini visto che gli Usa non volevano concedere il trasferimento in un carcere italiano per scontare il resto della pena.

Nelle motivazioni del 2007, il consiglio spiegò che "la Baraldini non è stata condannata per azioni armate o fatti di sangue ma per concorso in evasione incruenta e cospirazione" con "un durissimo regime carcerario, mitigato solo dall’intervento di Amnesty International" e come "attraverso la sua vicenda si sia affrontata anche la complessa tematica dei diritti dei detenuti e delle loro condizioni di vita, i temi della giustizia, del diritto internazionale, della funzione della carcerazione e della pena di morte".

Quindici anni fa, la cittadinanza onoraria venne conferita con soli 14 voti favorevoli su 31 consiglieri totali, sfruttando due astensioni e tre voti contrari, oltre a dodici assenze.

"Quell’atto è stato divisivo. Un consiglio comunale spaccato, soprattutto nelle forze di centrosinistra, che ha conferito una cittadinanza onoraria ben nove anni dopo la proposta. In città furono tante le proteste per quella decisione. All’epoca avevamo detto che in caso di un governo di centrodestra, quella cittadinanza onoraria sarebbe stata cancellata. Abbiamo rispettato quella promessa", spiega il capogruppo di FdI, Alessandro Gianasso.

"Una delibera che non ha né capo né coda. Non è stata neanche argomentata. Allora è solo una questione ideologica, persino provocatoria. Alla Baraldini è stata inflitta una pena sproporzionata rispetto a quello che aveva commesso. La Baraldini divenne l'emblema della battaglia sui diritti civili, per i trattamenti disumani che le vennero rivolti. Una donna che ha battagliato contro la segregazione razziale. Una donna che ha battagliato contro gli Stati Uniti. Gli Usa di Rosa Parks, dei coniugi Rosenberg e persino di Sacco e Vanzetti. Non bisogna decontestualizzare, non c'è nulla di anacronistico se non la vostra mozione di revoca", attacca Alessandro Brescia di Uniti per Cambiare.

E anche Stefano Mistroni, del Pd, è critico contro la decisione: "Il fatto delle assenze è di basso cabotaggio politico. È un atto ideologico, forse come all'epoca. Baraldini non è da esempio da portare al giorno d'oggi? Probabilmente sì. In pochi qui conoscono la storia della Baraldini. Una donna condannata a 43 anni anche per un omicidio che non ha commesso materialmente. La legge Rico in America è così: ti punisce anche per fatti commessi da altri componenti di una banda. Per lei si è mossa Amnesty International e persino Andreotti".

Ma il sindaco Giulivi non ci sta: "Quel conferimento creò parecchi mal di pancia in maggioranza. Basti pensare al consigliere Borgese che, all’epoca, votò perché obbligato dal suo capogruppo, pur non condividendo quell’atto. E lo fece solo perché di lì a poco sarebbe nato il Pd. Perché solo 14 voti a favore su un consiglio composto da 31 membri? Le cittadinanze onorarie non devono essere di parte o essere forzate. Devono unire. E Baraldini non unì, divise".

Anche l'Anpi aveva provato la "carta del ritiro": "Speravamo in una riflessione, prendendo le dovute informazioni sulla vicenda che portò gli Stati Uniti a condannare, nel 1983, Silvia Baraldini a 43 anni di carcere pur non avendo commesso alcuna azione violenta, né rubato e tantomeno ucciso. Abbiamo chiesto di riflettere sul fatto che questa nostra connazionale ha passato 19 mesi nel carcere di massima sicurezza di Lexington. Sono passati 15 anni e non vediamo il motivo di tale revoca, se non rispolverare vecchi scontri ideologici, per altro profondamente divisivi".

Le critiche dell'Arci sulla revoca della cittadinanza onoraria

Stupore e rammarico nell'Arci Val Susa-Pinerolo, che ai tempi collaborò nell'organizzazione della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini. 

"Non si comprende, né si evince dalla registrazione dei lavori del Consiglio, cosa abbia fatto dal 2007 ad oggi Silvia Baraldini per meritare la revoca di quel riconoscimento, che era in tutto e per tutto finalizzato a stigmatizzare la chiara violazione dei diritti civili da lei subita negli Stati Uniti, che ha portato fra l'altro ad una lunghissima detenzione, chiaramente sproporzionata rispetto alle accuse.

Ancora ieri la sezione ANPI di Venaria Reale aveva chiesto il ritiro della mozione presentata dalla maggioranza di centrodestra. Ricordiamo il picchetto per nulla pacifico dei militanti di destra che tentò di irrompere nella sala dove avveniva la cerimonia e ci costrinse poi ad uscire dal retro del Palazzo civico. Non fu, come ha detto qualcuno in Consiglio, una “provocazione” l'assegnazione della cittadinanza onoraria a chi, suo malgrado, era diventata simbolo dell'impegno contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti civili, ma la pessima “accoglienza” riservata ad una così importante cerimonia pubblica da parte di un piccolo gruppo di attivisti. 

Dopo 15 anni pensiamo che l'impegno contro le violazioni dei diritti civili non debba, nemmeno simbolicamente, fare un passo indietro, non crediamo abbiano senso le cittadinanze onorarie “a scadenza” o che queste debbano essere oggetto di “spoils system” a seconda del colore politico delle maggioranze che via via vincono le elezioni amministrative. Se quel provvedimento era stato in qualche modo “divisivo”, con questo voto il consiglio comunale si rimangia un atto che simbolicamente rappresentava un impegno per i diritti di tutti". 

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