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Festa della donna, il video di Chiara Appendino per affermare: “Essere ciò che si vuole è un diritto di tutte”

La sindaca spiega che “Non è normale essere giudicate per il proprio aspetto. Serve un cambio culturale collettivo. E serve ora. Siamo già in ritardo”

Mille modi di vestire e apparire, ma un solo modo di essere: come vogliamo noi, senza essere giudicate. Il messaggio della sindaca di Torino per oggi, 8 marzo, festa della donna è accompagnato da un video (qui sotto). Immagini spiegate senza giri di parole: “Essere ciò che si vuole è un diritto di tutte. E una delle condizioni affinché questo diritto possa esprimersi, la più semplice, è non essere giudicate dalle apparenze”. 

Essere giudicate per il proprio aspetto: non è "normale"

Non è normale essere giudicate per il proprio aspetto. Questa affermazione viene motivata dalla stessa sindaca che aggiunge: “Chiunque deve fare i conti con i giudizi altrui in qualche modo, ma per le donne vale una volta di più: infatti, in primis, vieni giudicata per il tuo aspetto. Vale a ogni livello, anche per una sindaca. Siamo abituate a considerarla una cosa normale, ma non lo è. 

Non è normale, dopo un qualsiasi evento mondano, leggere fior di articoli e commenti sull'abbigliamento delle presenti. Solo delle donne, non degli uomini. 
Non è normale doversi preoccupare del fatto che la propria immagine, il proprio abbigliamento, i propri gusti possano condizionare i giudizi sulle nostre capacità. 
Non è normale che tante donne mettano ormai spontaneamente in conto il giudizio altrui sul proprio corpo, che spesso rimane inciso come un marchio indelebile. 
Non è normale concentrarsi più su ciò che gli altri si aspettano da te che su ciò che tu ti aspetti da te stessa”.

L’auspicio: “Serve un cambiamento culturale perché siamo già in ritardo”

Prima di augurare una buona giornata della donna a tutte e tutti, la sindaca conclude: “Ecco, spero che l'8 marzo possa essere anche il momento in cui iniziare davvero a pretendere di smettere di essere definite da taglie, scollature, acconciature, gambe coperte o scoperte. C'è tanta strada da fare e non basta più questa consapevolezza, serve un cambio culturale collettivo. E serve ora. Siamo già in ritardo”. 

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