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I Mosso, torinesi d’Argentina tra calcio e vermouth

Francesco Mosso, nato a Torino nel 1832 in una famiglia molto umile, giunse in Argentina nel 1860; qualche anno dopo lo raggiunse la moglie, Francesca Ghietti, con i due figli, Giovanni Battista e Antonio. Si stabilirono a Santa Fe, nella località di Pilar, dove Francesco esercitava l’attività di ebanista e carradore. La sua specialità era la produzione di ruote in legno per i grandi carri che costituivano l’unico mezzo di trasporto nelle regioni rurali. 

Una famiglia divisa dall’oceano

Quando nella zona viene fondata la colonia San Francisco, Francesco Mosso ottenne importanti concessioni di terra. In Argentina nacquero gli altri quattro figli della coppia: Giuseppe, Maddalena, Margherita e Michele. Nel 1905, Francesco decise di ritornare definitivamente in Italia, mentre in Argentina rimase tutto il resto della famiglia, che l’anno successivo si trasferì a Mendoza, dove i Mosso investirono i propri risparmi nel settore vitivinicolo. Poco tempo dopo si spostarono nel villaggio di Chacras de Coria e poi a Luján de Cuyo, la località che sarebbe divenuta il centro dei loro affari. 

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Il vermouth

L’azienda vinicola che i Mosso acquistarono a Chacras de Coria era gestita dal terzogenito Giuseppe, che creò la Giuseppe Mosso y Cia; la specialità della bodega era un vermouth tipo Torino che fu grandemente apprezzato nei primi anni del secolo. Gli altri fratelli fondarono nel 1909 la bodega di Luján, dove operava anche Michele, il più giovane dei Mosso. Michele decise in seguito di acquistare una bodega a Mayor Drummond, con una lussuosa villa circondata da un grande parco; si sposò con Lydia Furlotti, imparentandosi così con una grande famiglia mendocina attiva nel settore vitivinicolo. Dal matrimonio nacquero tre figli, uno dei quali, Roberto Mosso Furlotti (nato il 16 settembre 1915), diventerà ministro dello Stato di Mendoza durante il governatorato del peronista Carlos H. Evans dopo esser stato deputato provinciale e convenzionale nella riforma costituzionale del 1949. Nell’attività privata occupa incarichi nel direttivo dell’Associacion de Viñateros e nell’azienda metallurgica Condor Battistini. Dopo la divisione della società familiare di Giuseppe e Michele, l’attività vitivinicola venne proseguita dai due fratelli più anziani, Giovanni Battista e Antonio. Antonio, nato a Torino nel 1873, sposò Maria Sonetti, da cui ebbe otto figli maschi: Francesco, Benito, Eugenio, Julio, Felice, Albino, Settimo e Ottavio. 

Cuore Toro

I tre figli maggiori di Antonio, ingaggiati dalla società Torino Calcio, figurano tra gli attaccanti della squadra subalpina nella prima decade del secolo con il nome di Mosso I, II e III. Mosso III (Eugenio) fu il primo giocatore argentino a far parte della nazionale italiana; con la maglia del Torino disputò, fino al 1919, ben 109 partite totalizzando 101 goal.

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Era conosciuto con il soprannome di «Grignolin», probabilmente per una sua preferenza verso questo vino. Così lo ricorda Vittorio Pozzo, allenatore della nazionale italiana: "Aveva un tiro di destro che era un castigo di Dio: quel manifesto naturale che fu a lungo l’insegna del Torino di quei tempi fu preso da una fotografia riproducente un suo atteggiamento caratteristico al momento del tiro. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, una sera, vistici partire tutti richiamati, scrisse una lettera anonima ai carabinieri, dicendo che all’indirizzo tal dei tali – casa sua, via Asti, Torino – c’erano diversi fratelli nati in Argentina, figli di genitori italiani, quindi italiani, quindi renitenti o imboscati. Quando giunsero i carabinieri, andò ad aprire e disse in piemontese: «Soma si [siamo qui], so tutto, sono io che ho scritto». A guerra finita tornò in Argentina a fare il coltivatore; quando gli venne voglia di sposarsi, telegrafò ad una signorina che aveva conosciuto a Torino, la impalmò per procura, e fra tutti due, quando lei raggiunse lui, misero al mondo tutta una schiera di figli. Lei era la sorella di Goggio [un giocatore del Torino, N.d.R.]. (Vittorio Pozzo, 1949-1950)".

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