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Marcella, ostaggio del coronavirus da due mesi e mezzo: asintomatica, ma test sempre positivo

Oltre al danno anche la beffa

Quella di Marcella Linda è una vera e propria odissea. La sua storia inizia a metà aprile quando sua figlia e suo genero scoprono di essere positivi al covid. Entrambi all'epoca lavoravano all'interno di una RSA ed è lì che hanno contratto la malattia. Da quel giorno, era il 18 aprile, non è più potuta uscire di casa. 

Marcella ha un nipote di 19 mesi e la prima cosa che farà quando potrà nuovamente tornare in libertà sarà correre da lui per abbracciarlo. Abbracci e baci che non ha più potuto dargli dal giorno in cui ha scoperto di essere positiva al covid. Era lei che si occupava del piccolo mentre sua figlia e suo genero erano impegnati al lavoro, all'interno di una struttura RSA. È lì sono stati contagiati. 

Da quel giorno per Marcella è iniziata una vera e propria odissea. Dopo i canonici 14 giorni di isolamento, il 5 maggio ha effettuato il primo tampone post quarantena ed è risultato positivo. Come quasi tutti gli altri che ha effettuato. A metà percorso una flebile speranza: "Il 29 maggio è risultato negativo e mi sono illusa, ma quello dopo è risultato di nuovo positivo", racconta Marcella. 

Ieri, martedì 30 giugno, dopo l'ennesimo tampone positivo lo sfogo: "Dalla virologa sento sempre le stesse cose. Mi dicono che non c'è niente da fare e che sono gli anticorpi che devono combattere il virus. Non è possibile che una persona debba sempre sentire positivo, positivo e basta", racconta Marcella. Sì, perché in questi test non ci sono scale di grigio o si è positivi o si è negativi. 

Oltre al danno arriva la beffa però. Marcella racconta di non essere avvezza ai sostegni psicologici però dopo l'ennesima delusione ieri avrebbe voluto parlare con qualcuno e così ha accettato il consiglio della virologa che le ha dato il numero del supporto al cittadino. "Quando ho chiamato il gestore mi dice che il numero è inesistente", racconta. Controlla che il numero sia corretto e chiama alla Protezione Civile da dove le dicono che il sostegno psicologico non è più attivo. 

"Mi è caduto il mondo addosso. Non è possibile, nessuno fa proprio niente", si sfoga Marcella che si sente abbandonata, "Io mi devo arrangiare con la mia pensione minima perché non posso avere contributi. Prima facevo qualche lavoretto per arrotondare, ma ora non posso più". Una storia, quella di Marcella, che fa emergere un malessere molto probabilmente non isolato.

"Non chiedo moltissimo. Chiedo di essere considerata un po' di più". 

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