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Lele Viola e le Montagne. La fatica che dà piacere

Intervista a un piemontese doc che racconta il suo rapporto privilegiato con l'Ambiente. Uno scrittore quasi per caso. Ama l'autoproduzione, ma non l'autarchia.

Vincitore del premio giornalistico Sentinella del Creato consegnato da Greenaccord, perché attento studioso delle questioni ambientali, Lele Viola ha sempre preferito il silenzio delle montagne al rumore cittadino. Ma ama definirsi custode e non sentinella nel senso militare del termine. Una storia di umiltà e di tenerezza nei confronti della Terra. Da sul impegno costante nella vita personale alla scrittura sui temi a lui cari. Nel mezzo, il bisogno di comunicare

Raccontaci una breve storia sul tuo rapporto con l’Ambiente.
“Le storie non sono mai brevi: è un po' un rischio. Il mio rapporto con l'ambiente nasce prima di tutto dall’essere nato vicino alla montagna e poi dall’esserci sono tornato ad abitare negli anni '80 quando ho avuto l'occasione di comprare una borgata, demolita, diroccata e disabitata. Era senza strade e senza luce elettrica e mi è venuta la voglia di farla rivivere.  Qui siamo stati diversi anni: una parte importante della nostra vita, della mia vita con Germana; sono nati lì i figli, abbiamo allevato pecore e capre. Abbiamo ridato vita, almeno per un certo periodo, a questa borgata. Esiste tutt'ora, ma noi non siamo più lì e c'è altra gente che la coltiva.
Così è nato il desiderio di continuare su questa strada e viviamo sempre in campagna. Per me è inconcepibile la vita al di fuori dell'ambiente. Io dalla finestra devo vedere del verde, le montagne e gli alberi. Mi piace pensare che mi scaldo con la mia legna, che mangio il pane cotto da me, bevo la birra che faccio io, mangiamo la verdura e la frutta raccolta da noi. È  un sistema che non ha nulla dell'autarchia, perché noi tutti dipendiamo dal prossimo, però consente di vivere bene. Poi non credo che questa ricetta vada bene per tutti, è una cosa molto personale: va bene per me”.

Tu lo vivi semplicemente come un privilegio o a volte anche come un limite, per esempio nel rapporto con gli altri?
“Credo che, su questa Terra, il paradiso abbia un prezzo. Io vivo in un ambiente bello, in cui si sta bene. Il tutto però qui non è mai gratis. Ad esempio quando abitavamo in borgata, c'era chiaramente il problema della lontananza, della fatica, dell'isolamento durante l'inverno. Ancora adesso abbiamo problemi di questo tipo, è da mettere nel conto. Ma non c'è nulla assolutamente gratuito, per cui il fatto di avere l'obbligo della fatica dà poi anche il piacere di aver realizzato qualcosa. Le cose che hai gratis danno meno soddisfazione di quelle che ottieni con un certo impegno, per cui, secondo me, è una cosa piacevole”.

Quando scrivi di ambiente lo fai per un bisogno che nasce internamente o anche per sensibilizzare le persone che non conoscono determinati temi?
“Si scrive sempre per comunicare o per incapacità di farlo in un'altra maniera. Io ho più facilità a scrivere che a parlare; per tanti motivi, uno la timidezza e l'altro la lentezza. La scrittura mi permette di acchiappare le idee che, parlando, mi sfuggono perché non sono abbastanza veloce. Per me è il mezzo ideale. Si scrive sempre per comunicare, non ho degli obiettivi precisi, non ho nessuna intenzione di fare proselitismo e sono molto lontano da questo. Quindi è semplicemente l'idea di trasmettere delle sensazioni o pensieri, se poi questo può essere utile  a qualcuno è per me una cosa molto bella, ma non è quello l'obiettivo di partenza. L'obiettivo è l'esigenza di esprimere, chiunque scrive secondo me - anche se scrivi un diario che non farai mai leggere a nessuno- lo fa comunque per comunicare”.

Hai vinto il premio Sentinella del Creato, però preferisci definirti custode, cosa significa?
“La questione è che il termine sentinella ricorda la vita militare, o comunque un modo di esercitare un controllo. Il termine custode invece, secondo me è più pacifista ed è un tipo di attenzione diversa: è più un prendersi cura. Qualcosa in cui dentro c'è uno spirito diverso rispetto alla sentinella che si aspetta di vedere arrivare un nemico e quindi mettere in atto azioni controffensive. È  una stupidaggine semantica però per me più di sentinella è bello il termine custode”.

 E cosa deve fare un buon custode?
“Noi usiamo la parola buon come sinonimo di vero, di valido, di capace. Il buon pastore è  un bravo pastore, cioè capace di fare il suo lavoro. Un bravo custode, quindi, dovrebbe prendersi cura, avere l'attenzione mista alla partecipazione e alla tenerezza”.

Ci racconti una tua giornata tipo? Se così si può dire…
“Non ho molte giornate tipo. A me piace dividere la vita in tre momenti fondamentali: il lavoro manuale, che dovrebbe esserci in tutte le vite perché è importante; e per me vuol dire lavorare la terra, ma anche andare a lavoro in bicicletta o a piedi. L'altro è il lavoro intellettuale, cioè far funzionare la testa, leggere, scrivere, studiare, informarsi, ricercare. E poi c’è la festa, la compagnia, la relazione. Quindi secondo me in una buona giornata ci devono essere questi tre ingredienti: le mani, la testa, la relazione. Le proporzioni sono diverse a seconda dei giorni”.

In tutti e tre i settori ami inserire il rapporto con l’Ambiente o solo in quello manuale, quindi nel lavorare con la Terra?
“In tutti e tre i settori, la vita è una sola e l'equilibrio è fondamentale. È importante non avere solo la componente intellettuale o solo la componente manuale oppure che il tutto vada a scapito della festa, della relazione, del riposo della quiete. Per me vuol dire lavorare nell'orto, tagliare l'erba e la legna quindi un lavoro immerso nell'ambiente e anche quando faccio il lavoro intellettuale studio e mi preoccupo di questo settore.  poi vivendo tra le montagne i miei momenti di festa e di relazione sono comunque inseriti in quel quadro. Che ci siano le tre componenti e che si cerchi di fare in modo che siano equilibrate mi pare sia importante per la felicità della vita"

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