Covid-19 e carceri sovraffollate
L'Iran ha annunciato la liberazione di 85 mila prigionieri, tra i quali molti detenuti politici, per far fronte all'emergenza dell'epidemia Covid-19. Il governo di Teheran non è certamente noto per l'indulgenza giudiziaria, ma la situazione è talmente grave che, anche una delle dittature più feroci nel campo della repressione dei diritti civili, ha dovuto prenderne atto. Quando insorgono le epidemie, e qui siamo al rango più alto di pandemia, le carceri diventano delle vere e proprie bombe di contagio. Il rischio elevato che i detenuti hanno di contrarre malattie infettive gravi è stato più volte segnalato, soprattutto a causa del sovraffollamento. Tuttavia la situazione di questi ultimi mesi non ha precedenti. Ieri, il 19 marzo 2020, il Vice-segretario Generale dell'OSAPP (il sindacato autonomo di polizia penitenziaria) di Torino dott. Gerardo Romano in una lettera a tutti i Prefetti delle province del Piemonte, della Valle d'Aosta e della Liguria, ai presidenti delle tre regioni e ai responsabili della Protezione Civile, denunciava la carenza di mascherine e di disinfettante per le mani nonchè la condizione di altissimo rischio sanitario in cui opera la Polizia Penitenziaria. L'alta densità della popolazione carceraria non consente il rispetto delle norme di sicurezza, per esempio quella di stare alla distanza di un metro, stabilite dal decreto del governo. Il carcere delle Vallette di Torino è stato visitato il 3 marzo scorso dal deputato Renzo Tondo che il giorno successivo in un discorso alla Camera ha detto di aver “trovato una realtà molto dura, estranea a un paese civile”. Una condizione che grava su reclusi, ma soprattutto sugli operatori della polizia penitenziaria. Nelle carceri piemontesi c'è posto per 3700 detenuti che invece sono circa 4700, ossia 900 in più! Tremila sono gli agenti di sorveglianza e 500 gli operatori. Una densità incredibile di persone in ambienti strettissimi e chiusi! Improponibile quindi in queste condizioni l'isolamento della quarantena per i detenuti contagiati o sospettati di esserlo. Il documento del governo sembra ignorare questa grave condizione di pericolo non certo risolvibile predisponendo i colloqui con i familiari con metodi “a distanza”. Una soluzione potrebbe essere quella di trasferire agli arresti domiciliari coloro a cui mancano solo pochi mesi al termine della pena o quelli che si trovano in attesa di giudizio non per reati contro la persona. Su questo punto non c'è una posizione del governo. Inoltre quando si parla di arresto domiciliare si tenga presente come l'uso del bracciale elettronico sia impossibile perché tale strumento, di fatto, è introvabile. Tuttavia in un'emergenza come quella di questi giorni una decisione andrebbe presa. Come si sa la Giustizia italiana sembra essere estremamente lenta anche nelle condizioni di estrema gravità. Al riguardo, l' on. Bruno Mellano, il Garante dei Detenuti Regionali in Piemonte, ha sottolineato come in mancanza di disposizioni riguardanti il Covid-19 per i detenuti in attesa di giudizio l'eventuale scarcerazione o l'applicazione di misure alternative sia di compentenza del giudice che ha emesso l'ordinanza. Da qui l'appello del Garante dei detenuti alla magistratura giudicante e di sorveglianza affnchè si apprestino immediatamente ad “affrontare di petto la situazione”. Da ricordare che anche i processi sono stati rimandati!
Emanuele Azzità