"Le ossa della terra. Primo Levi e la montagna", la mostra a Torino
Un legame forte univa Primo Levi alla montagna. Una storia, quella fra le Alpi e lo scrittore partigiano, che emerge tutta nella mostra aperta al pubblico dal 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, e fino al 13 ottobre, al Museo Nazionale della Montagna di Torino.
Un rapporto speciale con la montagna
“Le ossa della Terra. Primo Levi e la montagna” è il titolo del percorso curato da Guido Vaglio e Roberta Mori che, grazie a fotografie storiche, oggetti, documenti, volumi, manoscritti ed estratti video - provenienti da archivi pubblici e privati, oltre che dai familiari dello scrittore, dal Centro Primo Levi e dal Museo - condurrà i visitatori a scoprire in che modo la montagna, dall’adolescenza fino al suo arresto, fu indissolubilmente legata al destino dello scrittore. Fu infatti nel 1943 in Valle d’Aosta che Levi fu catturato per poi essere deportato ad Auschwitz.
“Abbiamo coltivato a lungo l’idea di costruire un progetto corale - hanno commentato Mario Montalcini e Daniela Berta, presidente e direttore del Museo - dedicato alla figura di Primo Levi secondo un punto di vista - quello del suo intenso rapporto con la montagna - che potesse aprire a nuove significative riflessioni sulla sua straordinaria figura, su quel tempo e sul nostro”.
Sci, documenti, manoscritti e fotografie
In esposizione, per la prima volta, a testimonianza della sua esperienza partigiana, anche il paio di sci che Primo Levi lasciò ad Amay quando fu arrestato, che furono poi utilizzati dal partigiano Ives Francisco per fuggire in Svizzera, ma che vennero recuperati in seguito e che provengono dagli archivi di famiglia.
E ancora, i documenti Le cronache di Milano e I Libri segreti provenienti dall’archivio di Massimo Gentili-Tedeschi pronti a fornire invece uno spaccato inedito del 1942, periodo in cui Levi lavorò alla fabbrica Wander di Crescenzago e si trasferì a Milano, ospite della cugina Ada Della Torre. Un pezzo di vita dello scrittore vissuto insieme ad altri sei giovani torinesi, tra serate conviviali, discussioni politiche, fervore creativo e gite sulle cime lombarde, che al Museo della Montagna è raccontato con ironia, nonostante la consapevolezza di un futuro imminente tutt’altro che roseo, con disegni, caricature, vignette e filastrocche.
Il visitatore, nel percorso della mostra, sarà accompagnato dalle citazioni dello scrittore, secondo il fil rouge dell’essenza dell’amore di Levi per la montagna e alcune parole chiave che meglio spiegano il contesto: natura, materia, letteratura, trasgressione, riscatto, amicizia, scelta e liberazione.
La montagna e l'amicizia
Esplorando l’esposizione, sarà chiaro come anche dopo la guerra, la montagna avrà ancora un ruolo centrale nella vita di Levi che comunque sopravvisse all’Olocausto: sarà infatti ancora la montagna a favorire e consolidare la sua amicizia con altri due protagonisti del Novecento, Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli. A testimonianza di questo, in mostra, la pietra di fiume che lo scrittore fece incidere, per suggellare una sorta di patto, con la poesia "A Mario e a Nuto": un pezzo proveniente dalla Fondazione Nuto Revelli di Cuneo.
Durante la durata della mostra, ci saranno inoltre una serie di laboratori dedicati agli studenti delle scuole secondarie di I e II grado che si concretizzeranno in un progetto grafico comune e in un'attività di scrittura basata sulla rielaborazione dei testi e delle citazioni di Primo Levi.