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Fiat: a rischio la sede torinese dell'azienda, ma nulla è deciso

Torino, Detroit, o magari anche l'America Latina, non fa differenza per la futura sede del gruppo Fiat-Chrysler, dice dagli Usa Sergio Marchionne. Non sono parole nuove, ma questa volta Torino le accoglie con più freddezza

Fanno discutere, e non poco, le dichiarazioni dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, al Wall Street Journal. Torino o Detroit, o magari anche l'America Latina, non fa differenza per la futura sede del gruppo Fiat-Chrysler, dice dagli Usa il numero uno dell'azienda automobilistica. Nessuna alzata di scudo o frasi come "la sede non si tocca", a differenza del passato. "Sono dichiarazioni generiche che Marchionne aveva già fatto in passato. Dicendo che bisognerà decidere una sede unica per il gruppo lascia aperte diverse soluzioni", taglia corto il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, mentre il vicesindaco, Tom Dealessandri osserva: "per Torino conta la realtà produttiva e occupazionale, la sede legale è più un simbolo che un elemento reale. Se la Fiat vuole essere percepita come azienda che esporta il made in Italy, e non come un'entità astratta che opera a livello globale, anche la sede influisce".

Più duro il tono del presidente della Provincia, Antonio Saitta: "Le dichiarazioni di Marchionne, anche per la loro frequenza, cominciano a creare qualche seria preoccupazione sulla volontà effettiva del gruppo di mantenere un radicamento nel Paese". Saitta si riferisce in particolare all'affermazione del manager del Lingotto, secondo il quale "l'attaccamento emozionale al proprio Paese come produttore deve essere ripensato".

"In fondo - osserva Giuseppe Berta, docente di Storia Contemporanea all'Università Bocconi - Marchionne non ha mai preso impegni sull'assetto futuro del gruppo. Peserà il ruolo economico dei mercati e l'Europa è certamente quello che va più lentamente. Marchionne si lascia aperte più possibilità, deciderà secondo le condizioni che si verranno a creare". Secondo Berta, "Torino deve avere paura e guardare con attenzione ciò che accade, non dare completamente persa la partita. La fase che la città sta attraversando è molto difficile e ci attende ancora una lunga attraversata nel deserto. Perdere la sede - osserva - non sarebbe tragico se rimanessero attività specifiche per l'Italia con un presidio nei segmenti bassi del mercato auto. Gravissimo invece se significa cedere tutto".

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