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Cronaca

Come eravamo: ritratto dei torinesi di 150 anni fa, dai vestiti al vizio del fumo

Da "Torino descritta", opera del 1869 di Pietro Baricco, ecco un quadro sulle abitudini dei torinesi di un secolo e mezzo fa. Tra ostentazione dei vestiti e troppo tabacco

Com'era girare per Torino nell'Ottocento? Che cosa facevano i torinesi del XIX secolo nel loro tempo libero? I libri di storia ci raccontano quasi solo di battaglie, trattati di pace e dichiarazioni di guerra, leggi, re, papi, nobili e cardinali; a volte, però, si leggono anche le storie di tutti i giorni, le vite quotidiane delle persone comuni.

È questo il caso di “Torino descritta”, libro scritto nel 1869 da Pietro Baricco in cui, tra le tante informazioni utili, si può anche avere uno sguardo molto interessante sugli usi e costumi dei nostri concittadini dell'epoca. Quello di Pietro Baricco è un ritratto molto netto, severo nei giudizi, e per questo ancora più autentico.

Innanzitutto sull'abbigliamento dei torinesi di metà Ottocento: “Il vestire dei cittadini è in generale studiato anzichenò, e secondo le leggi che impone la Francia, maestra delle mode”; Baricco critica poi lo stile nello scegliere e nell'indossare i vestiti delle donne di Torino: “Le donne del medio ceto vestono come le marchesane, e le crestaie (le artigiane che facevano i cappelli, ndr) e le modiste fanno sfoggio di abiti come le figlie dei banchieri e degli abbienti”.

Pietro Baricco spiega quindi che “durante il giorno tutti attendono alle loro occupazioni”, per poi descrivere cosa facevano i suoi concittadini per divertirsi: “verso sera escono a passeggio per respirare aura più libera e salutare, o sotto i portici, o nei giardini, o sui corsi”, attività tipiche ancora oggi di molti torinesi.

Anche le nostre abitudini nei giorni di festa non sono tanto diverse da quelle di un secolo e mezzo fa, quando “gran folla di popolo esce dalla città perire a sollazzevoli diporti o nei borghi vicini, o tra i vigneti della collina, o per fare baldoria nelle osterie campestri, di cui è ben fornito il suburbio”. In altri termini, gite fuori porta e in collina e pranzi o cene in compagnia.

Oggi abbiamo il cinema e le serie tv, all'epoca “tutte le classi dei cittadini” amavano gli spettacoli drammatici e lirici sempre abbondanti nei teatri della città. Baricco ci racconta prezzi e anche alcuni nomi (familiari anche ai giorni nostri) “Colla tenue moneta di 40 centesimi o poco più si può assistere ad un dramma rappresentato dai migliori comici odierni,quali il Salvini ed il Rossi, e con una lira si può goder lo spettacolo di un'opera in musica nei teatri di secondo ordine”; il “ceto ricco e la gioventù elegante”, invece, si recava al Teatro Regio in particolare tra Carnevale e il periodo di Quaresima.

Infine, il nostro concittadino ottocentesco ebbe modo di criticare un'abitudine, o per meglio dire un vizio, che a suo dire caratterizzava i torinesi dell'epoca: la dipendenza da tabacco e nicotina. Quando ancora era consentito ovunque, leggiamo in Torino descritta, “è generale l'uso del fumare”. “Nelle case dei privati e nei luoghi pubblici si fuma con grandissima libertà, e persino in .alcuni uffici amministrativi” denuncia Pietro Baricco, secondo il quale “per poco il fumo del sigaro o della pipa non annebbia il gabinetto della nobile gentildonna”. E conclude con un giudizio secco che oggi fa quasi sorridere: “È un'usanza venutaci dal Turco o dal Tedesco, che non attesta un gran progresso di civiltà”.

(Nell'immagine, una stampa che riproduce piazza Castello nel 1845)

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