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Cronaca San Mauro Torinese

Finge l'acquisto di una casa in montagna e si fa consegnare 26mila euro: condannata

Procacciatrice d'aste raggira clienti

Fingendo di essersi aggiudicata una casa in montagna del valore di 60mila euro a un'asta fallimentare, è riuscita a farsi consegnare 26.500 euro da una coppia e poi, naturalmente, si era data alla macchia.

Per questo episodio, avvenuto nel 2017, Stefania Garau, 47enne titolare dell'omonimo centro aste di San Mauro Torinese, è stata condannata a due anni di reclusione e a una provvisionale di 30mila euro in favore delle vittime.

La sentenza è stata pronunciata venerdì 22 febbraio 2019 dal giudice monocratico Rosa Maria Fornelli del tribunale di Verbania, che ha accolto quasi in toto la richiesta del pm Anna Maria Rossi.

L'episodio riguardava un immobile di Alagna Valsesia (Vercelli), che aveva come base d'asta 75mila euro, e le vittime sono una coppia di residenti ad Arona (Novara), assistite nel procedimento dall'avvocato Andrea Gibin dello studio legale Bonatti Sattanino di Torino.

La procacciatrice d'aste era stata presentata alla coppia da un loro cugino di Settimo Torinese che l'aveva incaricata dell'acquisto ad un'asta giudiziaria di un immobile a Roma (per questo episodio è aperto un altro procedimento). I due avevano individuato l'immobile da acquistare da un sito internet.

Mesi dopo avere versato la somma alla procacciatrice, le vittime avevano scoperto l'amara verità contattando i curatori fallimentari delle due aste giudiziarie, che avevano rivelato di non avere mai ricevuto alcuna offerta dal centro d'aste sanmaurese.

Su episodi analoghi che hanno per protagonista la stessa procacciatrice è aperta anche un'inchiesta da parte della procura di Ivrea (pm Elena Parato).

"La sentenza di Verbania - commenta l'avvocato Gibin - segna peraltro un importante precedente per la severità della pena in relazione al reato in contestazione (truffa semplice), fattispecie delittuosa che troppo spesso nel nostro Paese passa impunita o viene declassata a mero illecito civilistico, quando invece rappresenta un grosso fattore di conflitto sociale".

Secondo Cinzia Bigatti, che ha difeso la procacciatrice nel processo, non c'è stato invece alcun piano preordinato per truffare le vittime: "La mia cliente - ha sostenuto in aula - si è semplicemente trovata in un momento di difficoltà". Il giudice, però, le ha dato torto.

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