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Cronaca

"No al grattacielo Intesa Sanpaolo": continua la mobilitazione

Il nuovo grattacielo di Torino vicino a Porta Susa modificherebbe il paesaggio cittadino. Tante le voci critiche. Sono nate associazioni come "No Grat". Ma i cantieri sono già stati aperti

Il bilancio finale dell’amministrazione Chiamparino può vantare una riqualificazione estetica di Torino e soprattutto del suo centro storico, grazie anche agli investimenti effettuati per le olimpiadi invernali del 2006. Tuttavia, una buona fetta di cittadini ha storto il naso per alcune opere che oltre ad essere brutte e costose rischiano di risultare inefficienti ed inutilizzate.

Le critiche più accese si sono concentrate sul piazzale-parcheggio Valdo Fusi, davanti alla Camera di Commercio; sull’orribile Palafuksas, frontale al famoso mercato di Porta Palazzo, che solo da quest’anno, dopo tredici di ingloriosa inattività, si è trasformato in centro commerciale; e, storia di questi giorni, sull’ambizioso progetto della banca Intesa Sanpaolo di costruire un grattacielo vicino alla stazione di Porta Susa, a ridosso della zona centrale della città.

Sin dalla presentazione del progetto nel 2006
, sviluppato dall’archistar Renzo Piano, una larga fetta dell’opinione pubblica cittadina si è mobilitata, indignata per il superamento, in altezza, del simbolo monumentale torinese, la Mole Antonelliana. Di risposta, si è provveduto immediatamente a modificare il progetto originario “sotterrando” alcuni piani per non intaccare il primato della Mole. Anche se, in realtà, l’impatto non cambierà, dato che l’edificio dell’Antonelli termina con una guglia, mentre il grattacielo risulterà una struttura compatta e piena.

E come testificano anche alcuni recenti sondaggi
, sembra che per la maggior parte dei cittadini torinesi queste modifiche “di facciata” non bastino. Man mano che simulazioni fotografiche più realistiche hanno reso sempre più percettibile il reale effetto finale, il malcontento si è allargato. Non a caso, durante l’ultima assemblea degli azionisti Sanpaolo, svoltasi a metà maggio, numerosi interventi di azionisti e di “imbucati” hanno criticato pesantemente il progetto del grattacielo, davanti ai vertici della banca. Mentre, all’esterno, si sono alternate pacifiche iniziative contro quello che viene definito uno “scempio architettonico”.

Le associazioni ed i comitati spontanei che si sono mobilitati contro il grattacielo, inoltre, continuano a rimarcare le modalità assolutamente verticistiche della sua gestazione, l’indecorosa disinvoltura, di cui è complice il governo locale, nell’escludere a priori una consultazione con la cittadinanza (anche tramite referendum) su una tematica che dev’essere considerata centrale, dato che riguarda una “modifica” rilevante del paesaggio cittadino. Per No Grat (www.nongrattiamoilcielo.org), il movimento che raccoglie tutte le obiezioni al progetto del grattacielo, “si parla tanto di sviluppo e riqualificazione partecipati, ma quello di Sanpaolo è un progetto che si fa beffa dei modelli e delle pratiche di decisione urbanistica che ogni moderna amministrazione dovrebbe seguire”.

NoGrat è stata “costretta” a nascere proprio per fermare l’esportazione della “cultura del grattacielo” anche qui, in Italia. A Torino, come sostiene il suo portavoce Paolo Hutter, “un grattacielo di quasi 200 metri comprometterebbe sicuramente l’immagine della città, la vista delle Alpi e della Mole Antonelliana, con annessi problemi di congestione di traffico e con una significativa alterazione del disegno urbano previsto dal Piano regolatore approvato”. Del resto, tante altre associazioni ambientaliste, sparse sull’intero territorio nazionale, si sono sempre appellate all’articolo 9 della Costituzione che pone, tra i Principi Fondamentali, la “tutela del paesaggio e del patrimonio artistico della Nazione”. L'inserimento nelle città italiane di edifici altissimi dovrebbe essere quindi valutato con grande cautela e secondo principi di precauzione. Purtroppo, però, la necessità per le amministrazioni locali di “fare cassa”, per far fronte ai sempre più gravosi impegni di bilancio, ha portato a scelte, come quella di Torino, che rischiano di compromettere irreversibilmente il paesaggio e il patrimonio architettonico ambientale.

I cantieri per la costruzione del grattacielo sono stati aperti
. Gli oppositori più tenaci, tuttavia, non si arrendono e hanno provato a chiedere almeno un ridimensionamento del progetto. Effettivamente una possibilità di questo tipo, senza danno economico per Banca, Comune e ditta appaltatrice, esiste, poiché l’edificio progettato presenta porzioni alla base ed alla sommità dedicate ad un uso pubblico sostanzialmente elitario e di mediocre utilità generale: alla base un auditorium, alla sommità alcuni piani con serra, pinacoteca, ristorante. Dalla loro eliminazione risulterebbe una diminuzione in altezza di quaranta-cinquanta metri, con significativa riduzione dell’impatto visivo. Le perplessità legate al faraonico progetto, tuttavia, non sono solamente di carattere estetico. Come rilevato da alcuni interventi nell’ultima assemblea degli azionisti di Intesa Sanpaolo, anche dal punto di vista economico-finanziario questo progetto non sembra molto conveniente, soprattutto per i dipendenti della banca e per la collettività.

Il piano industriale triennale di Intesa Sanpaolo appena presentato risulta, infatti, estremamente ambizioso: utile netto di 4,2 miliardi di euro al 2013 e sino a 5,6 miliardi nel 2015, con un aumento medio annuo del 15,5%, contro un utile netto consolidato di 2,7 miliardi nel 2010 (già in calo rispetto ai 2,8miliardi del 2009). Distribuzioni di dividendi per 5,3 miliardi tra il 2011 e 2013 e di ben 13,5 miliardi nel periodo 2011/2015! Il piano d'impresa prevede, ovviamente, di agire sia sul lato dei ricavi  (con conseguente aumento dei costi a carico dei clienti, risparmiatori e mondo imprese) sia sul fronte dei costi, in particolare il costo del personale; altre migliaia di lavoratori potrebbero (il condizionale è d'obbligo) venire posti in esodo, con buona pace delle rappresentanze sindacali. In buona sostanza, i costi di costruzione ed allestimento del grattacielo (valutabili in 450-500milioni) potrebbero parzialmente essere a carico dei risparmiatori e dei lavoratori.

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