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Cronaca Avigliana

‘Ndrangheta nel torinese, soldi riciclati e trasportati in sacchetti del pane

Sequestrati beni a due imprenditori di una ditta di Avigliana che riciclavano per conto dell’ndrangheta. Il denaro viaggiava nei sacchetti del pane. La gdf ha sigillato un conto bancario e sequestrato ville e appartamenti

Nelle scorse ore la guardia di finanza di Torino ha dato esecuzione a un’ordinanza di sequestro preventivo a un conto corrente e tre immobili ad Alpignano, di cui una villa e due appartamenti, per un valore complessivo di circa 700 mila euro, appartenenti a due imprenditori che riciclavano denaro per conto dell’ndrangheta piemontese. Il provvedimento, emesso dal giudice per le indagini preliminari, è propedeutico alla confisca dei beni.

Il nome di uno dei due imprenditori, C.D., un 45enne di Torino, era già apparso durante i processi Minotauro, San Giorgio ed Esilio, anche se in nessuno di questi erano emersi elementi sufficienti a richiedere un rinvio a giudizio. Ma questi elementi sono stati utili a far partire le indagini dei finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria i quali, correlandoli e dandogli una chiave di lettura, hanno aggiunto i risultati di un procedimento di prevenzione parallelo - nei confronti di R.G., un 57enne condannato quale affiliato al “locale” ‘ndranghetista di Giaveno - individuando così un secondo imprenditore, N.E., un 66enne di Rivoli. Il tutto ha portato alla ricostruzione dell’attività di riciclaggio e di reimpiego di denaro “sporco”.

Gli indagati, soci di una società a responsabilità limitata attiva nel settore dell’edilizia con sede ad Avigliana, si sono succeduti nel tempo come amministratori di quest’ultima, utilizzandola per favorire le attività illecite di R.G., impiegando nell’impresa 450 mila euro in contanti proveniente da usura ed estorsione commessi dall’associazione mafiosa.

La guardia di finanza, con riguardo solo all’imprenditore rivolese, N.E., ha ricostruito un’operazione di riciclaggio di 220 mila euro in contanti, sempre riconducibili alle attività del “locale” di Giaveno, derivanti dalla gestione illecita di alcune macchinette videopoker, in modo tale da rendere difficile accertare da dove provenisse il denaro. Quest’ultimo veniva consegnato all’interno di insospettabili sacchetti per il pane.

Per quanto riguarda l’imprenditore torinese, C.D., è emerso un quadro in cui lui sarebbe il “terminale” economico di consorterie di ‘ndrangheta attiva in Piemonte, con reimpiego di denaro di provenienza illecita tutt’altro che occasionale, che si inserisce in una consolidata cornice di interesse economico tra questo ed esponenti dei diversi “locali” della provincia di Torino.

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