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Cronaca Centro / Piazza San Carlo

Cavallo di bronzo e Testa di ferro, è controversa la storia del monumento di piazza San Carlo

Conosciamo davvero la statua equestre più famosa di Torino? E la sua storia smentisce anche la leggenda sul significato delle zampe sollevate

Il Caval 'd brôns (o Caval ëd Bronz) è probabilmente il secondo monumento più famoso di Torino dopo la Mole Antonelliana. Anzi, considerato che la Mole nacque come sinagoga e solo molti anni dopo venne acquisita dal Comune per farne un monumento all'unità nazionale, il Cavallo di Bronzo è in senso stretto il più celebre dei 222 monumenti della nostra città (elenco dettagliato a questo link).

La cosa curiosa è che, nonostante la fama di cui goda, e nonostante sia stato osservato e fotografato (e in occasioni particolari anche preso d'assalto dai tifosi) da milioni di persone, moltissimi anche tra i torinesi non conoscono praticamente nulla di questa statua che sorge nel pieno di piazza San Carlo.

Chi è l'autore? Quando è stato realizzato? A chi è dedicato? Da chi?

Se non si sanno le risposte a queste quattro domande, questa è l'occasione per conoscere davvero il monumento pubblico più importante e più antico della città in cui viviamo.

Il condottiero in sella al suo cavallo che abbiamo osservato tutti fu realizzato da Carlo Marochetti. Nato a Torino nel 1805 da un avvocato al servizio di Napoleone, si trasferì con la famiglia a Parigi. Fin da piccolo Marochetti era appassionato di cavalli, che sognava di notte e disegnava di giorno. Nel 1831, Marochetti fu scelto e incaricato da re Carlo Alberto in persona per realizzare una statua in bronzo, nello stile delle piazze parigine dell'epoca, che raffigurasse il più grande condottiero della dinastia Savoia: Emanuele Filiberto, vissuto dal 1528 al 1580 e detto “Testa di Ferro”.

Per capire l'importanza storica del duca Emanuele Filiberto, bisogna ricordare che fu lui a trasferire la capitale del ducato da Chambery a Torino il 7 febbraio 1563, dopo un lungo periodo di battaglie e guerre vinte contro i francesi, e grazie a quelle vittorie poté riunire quasi tutto il Piemonte. Emanuele Filiberto introdusse nel ducato anche l'uso dell'italiano sia per tribunali e burocrazia sia come lingua di Stato; inoltre, nel 1566 riportò a Torino l'università (lo Studio, com'era chiamato all'epoca) dopo un periodo di trasferimento durato otto anni a Mondovì. Grande bevitore di vino, morì di cirrosi epatica nel 1580, e fu sepolto nel Duomo, finché tre secoli fu traslato nella Cappella della Sindone.

Tra le altre cose, conoscere a grandi linee la vita di Testa di Ferro è utile anche a smentire la leggendaria teoria sulle zampe sollevate e la morte dei cavalieri nei monumenti equestri. Secondo questa teoria, se il cavallo è rampante (con le zampe anteriori sollevate) il condottiero è morto da eroe in battaglia, se ha una zampa sollevata significa che il cavaliere è morto in conseguenza delle ferite in battaglia, se tutte le zampe sono a terra la morte è sopraggiunta per cause naturali: la statua di piazza San Carlo ha una zampa sollevata, ma la cirrosi epatica non fu certo una conseguenza delle imprese di Emanuele Filiberto sul campo di battaglia. Lo stesso vale poi per lo stesso Carlo Alberto: morto a Oporto nel 1861 dopo aver abdicato per Vittorio Emanuele II, è il condottiero rappresentato nel monumento equestre della piazza a lui dedicata, anche in quel caso con la zampa anteriore alzata, anche in quel caso opera di Carlo Marochetti.

Quanto al Caval 'd brôns, dopo un'esposizione temporanea al Louvre di Parigi (la statua fu realizzata in una fonderia parigini), fu portata a Torino e installata il 4 novembre 1838 in piazza San Carlo, sopra il basamento realizzato dall'artista torinese Bonsignore, che sui due bassorilievi ha raffigurato la Battaglia di San Quintino e la pace di Cateau-Cambrésis, due imprese epiche di Testa di Ferro.

Nella seconda guerra mondiale il monumento fu prima “immerso” nella sabbia e chiuso in un contenitore, poi fu trasferito a Santena per correre meno rischi di subire i bombardamenti. Dopo la guerra solo una volta ha lasciato il suo posto: dal settembre 1979 a giugno 1980, quando fu restaurato da un marmista sul lungo Dora. Poi nel settembre 2007 l'ultimo restauro, durato 11 mesi e realizzato direttamente in piazza San Carlo.

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