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Auto-isolamento sociale e abbandono scolastico, chi sono gli hikikomori

Il convegno all’Avogadro ha acceso i riflettori su un disagio sociale crescente tra i giovani

“Hikikomori. Isolamento sociale volontario e abbandono scolastico”: questo il titolo del seminario che martedì 20 febbraio ha visto riempire con oltre duecento persone l’aula magna dell’istituto Avogadro a Torino. Il tema del convegno è forse sconosciuto ai più, ma rappresenta un problema sociale sempre più diffuso tra i giovanissimi, anche in Italia.

Chi sono gli hikikomori?

Come spiega l’Associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus, promotrice del seminario, “Hikikomori” è un termine giapponese che significa “stare in disparte”: con questa parola ci si riferisce a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno. Si tratta di un fenomeno che riguarda principalmente giovani tra 14 e 24 anni di sesso maschile, ma anche il numero delle ragazze isolate è in forte crescita.

Al momento in Giappone ci sono di oltre 500.000 casi accertati, e anche in Italia l'attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. L'hikikomori, infatti, sembra non essere una sindrome culturale esclusivamente giapponese, come si riteneva all'inizio, ma un qualcosa che riguarda tutti i paesi economicamente sviluppati del mondo. Secondo alcune stime (non ufficiali) in Italia ci sarebbero almeno 100.000 casi.

Le cause di questo isolamento volontario e di abbandono scolastico possono essere diverse. Ci sono fattori caratteriali: gli hikikomori sono ragazzi spesso intelligenti, ma anche particolarmente introversi e sensibili; ma anche motivi familiari come ad esempio l'assenza emotiva del padre e l'eccessivo attaccamento con la madre. Tra gli altri motivi che portano i ragazzi a questo disagio ci sono anche questioni scolastiche, molte volte connesse a una storia di bullismo, e sociali: gli hikikomori hanno una visione molto negativa della società e soffrono particolarmente le pressioni di realizzazione sociale dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.

Il ruolo della scuola

La scuola, dunque, ha un ruolo cruciale nella diffusione del fenomeno degli hikikomori e, nonostante tutte le difficoltà dovute alla continua mortificazione e svalutazione del ruolo dell'insegnante, nonché alla mancanza di risorse economiche, secondo quanto indicato nel seminario torinese dovrebbe informarsi approfonditamente sul tema, attivarsi tempestivamente nel supporto dei ragazzi e delle loro famiglie mettendo a loro disposizione le proprie risorse, ad esempio formando psicologi scolastici che siano in grado di riconoscere prontamente un potenziale caso di hikikomori e intervenire, fornendo un primo supporto anche agli stessi genitori. Le istituzioni scolastiche non devono esercitare pressione sull'hikikomori affinché ritorni subito a scuola: bisogna intraprendere un percorso di risocializzazione graduale dove il ritorno alla frequenza scolastica rappresenta solamente l'ultimo step; è poi assolutamente necessario schierarsi con decisione dalla parte della vittima nei casi di bullismo, anche psicologico o sottile, senza che gli insegnanti sottovalutino nessuna forma di comportamento denigratorio o violento. Infine, la scuola deve dimostrarsi flessibile sulle forme di istruzione alternativa: ad esempio, la possibilità di sostenere verifiche e interrogazioni a domicilio o al di fuori dell'orario scolastico, oppure una maggiore apertura all'educazione parentale, oggi vista con particolare occhio critico da molti insegnanti.

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