rotate-mobile
Cronaca

“Bati la fiaca” e “bogia nen”: vizi e virtù di militari e popolo piemontese

Due espressioni tipiche dei piemontesi, derivate da ambienti militari: una racconta di stanchezza, l'altra di eroismo epico manifestatosi il 19 luglio 1747

Ci sono due espressioni piemontesi, derivate dalla vita e dalla storia militare, che meglio di tante altre servono a descrivere vizi e virtù insite nel carattere dei piemontesi stessi: bati la fiaca e bogia nen. La prima sta infatti a indicare l'ironia e il piacere dell'ozio anche tra i ritmi frenetici della vita quotidiana, mentre la seconda descrive il senso del sacrificio e del dovere, e in un certo senso l'eroismo del popolo piemontese.

Bati la fiaca

Il modo di dire “battere la fiacca”, molto usato anche in italiano, deriva dai gergalismi da caserma piemontesi. Come ha riportato l'Accademia della Crusca, risale al periodo “tra Ottocento e inizi del Novecento, quando era marcata la prevalenza di ufficiali piemontesi e napoletani provenienti dai principali eserciti preunitari” e poi diffusa in tutta Italia grazie al contatto tra italiani di ogni provenienza nell'esercito dopo l'Unità d'Italia. La ricercatrice Matilde Paoli dell'Accademia della Crusca riporta la spiegazione storica per cui la locuzione “battere la fiacca” deriva in particolare dalla fanteria (in artiglieria “mettersi sulla braca”, in cavalleria: dormire sulla capezza”). L'espressione è attestata in piemontese alla fine dell’Ottocento nel Vocabolario piemontese-italiano (1891) di Giuseppe Gavuzzi come “bati la fiaca”; in letteratura, il primo a usarla è stato il piemonte Edmondo De Amicis (“battere... la fiaccona”, in Ricordi d’infanzia e di scuola, 1901). “Bati” (in italiano battere) è un verbo generico, un po' come fare, in piemontese (“la” è in questo caso simile all'uso in frasi come “farla lunga”); ma la sua origine è ben precisa: nell'antico esercito infatti i tamburi avevano un segnale particolare per le diverse operazioni, un po' come oggi la tromba; la Fanteria, in particolare, fu l'ultima arma ad abbandonare il tamburo. “Battere la fiacca”, quindi, è una forma scherzosa per dire che è arrivata l'ora di riposarsi, un po' come a fine giornata in caserma la tromba suona il silenzio.

Bogia nen

Anche se la traduzione letterale di questa seconda espressione – “non ti muovere” – può far pensare a un'immagine simile a quella di “bati la fiaca”, e anche se molti la usano per intendere l'immobilità e la pigrizia, in realtà “bogia nen” ha un significato e una storia molto differenti, in cui a prevalere sono l'abnegazione e l'impegno eroico. Esattamente 269 anni fa, il 19 luglio 1747, sul colle dell'Assietta tra Val Susa e Val Chisone si sta combattendo una cruenta battaglia: da una parte 40.000 francesi alleati con gli spagnoli, dall'altra 4800 soldati piemontesi e austriaci, alleati contro una forza molto più grande di loro. I Francesi vogliono invadere ancora una volta il Piemonte, la situazione è tremendamente complicata e lo stato maggiore piemontese ordina ai soldati che fronteggiano il nemico di ritirarsi. Ma i comandanti piemontesi Giovanni Battista Cacherano di Bricherasio e il conte di San Sebastiano, un po' come lo spartano Leonida, non cedono e rispondono: “Dite a Turin che da sì nojàutri i bogioma nen”. “Bogia nen” si sentiva dire ogni soldato, affinché rimanesse al suo posto a combattere, e nessuno si mosse, portando infine al Piemonte una vittoria insperata e per questo epica, che ancora oggi può rendere fieri i piemontesi: c'è il momento per battere la fiacca, ma c'è anche il momento per fare il proprio dovere e di dimostrare il proprio valore.

(Immagine tratta dalla rievocazione della Battaglia dell'Assietta celebrata un anno fa)

In Evidenza

Potrebbe interessarti

“Bati la fiaca” e “bogia nen”: vizi e virtù di militari e popolo piemontese

TorinoToday è in caricamento