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Cronaca Barriera di Milano

Scopre l'omicidio commesso dal fidanzato e vuole lasciarlo: lui tenta di sgozzarla

Donna è rimasta sfregiata

Una donna di 44 anni è stata aggredita e sfregiata al volto dal compagno armato di un coccio di bottiglia. È accaduto intorno all’una di questa notte, sabato 19 ottobre, in corso Giulio Cesare. Gli agenti del commissariato Barriera di Milano, che hanno fermato l’uomo poco dopo l’accaduto in via Leini, indagano per tentato omicidio.

I due questa notte si trovavano insieme sul tram 4 in corso Giulio Cesare e quando sono scesi, lui l'ha aggredita alle spalle colpendola con violenza. Sono stati alcuni passanti a lanciare l'allarme.

Nel corso dell'aggressione l'uomo ha tentato più volte di colpire la compagna al collo: la sciarpa indossata dalla donna, con molta probabilità, ha scongiurato il peggio. La vittima si trova ricoverata all'ospedale Maria Vittoria nel reparto di chirurgia plastica. Non è in pericolo di vita, ma le ferite sono profondissime.

La donna, torinese, aveva appena scoperto che il fidanzato, il 36enne tunisino Mohamed Safi che aveva conosciuto sei mesi fa nel locale in cui lui lavorava, era stato condannato per l'omicidio della precedente fidanzata e per questo motivo aveva deciso di troncare la relazione.

Safi, difeso dall'avvocato Daiana Barillaro, era detenuto nel carcere delle Vallette dove stava scontando una condanna a 12 anni e usufruiva dell'uscita diurna per andare a lavorare in una cooperativa di Grugliasco.

L'intervento al Maria Vittoria

È finito intorno alle 14 l'intervento all'ospedale Maria Vittoria sulla donna aggredita al volto. La donna ha subito una brutta lesione con sezione del nervo facciale che è stato riparato al microscopio. L'intervento è stato fatto dall'equipe del dott. Giorgio Merlino, direttore della Chirurgia Plastica dell'ospedale Maria Vittoria.

La condanna per omicidio di Mohamed Safi

Il 36enne era già stato arrestato e condannato per l'omicidio di Alessandra Mainolfi avvenuto a Bergamo il 9 giugno 2008 ed era tutt'ora detenuto, ma godeva di un permesso per uscire per lavorare tutti i giorni in un locale con l'obbligo di rientrare in cella entro le due di notte. Alessandra Mainolfi era stata colpita da Safi con alcune coltellate di cui due all'addome. L’uomo poi aveva chiamato le forze dell'ordine e detto loro: "Ho ucciso il mio amore".

Il commento della sindaca Chiara Appendino

Una donna è stata aggredita ieri sera a Torino da quello che doveva essere il suo compagno, subito fermato dalle Forze dell'Ordine. Siamo vicini alla vittima di questo ennesimo tentato femminicidio. Tema che rimane grave e urgente nel Paese

Nel video l'autore del reato trasferito questa mattina con un'ambulanza dal Gradenigo alle Molinette. Il 36enne, arrestato per tentato omicidio, è stato trasportato in ospedale poiché nel tentativo di fuga è caduto rovinosamente a terra.

 

Osapp: "In carcere non ci sono stinchi di santo"

Sul caso, visto che l'uomo era di fatto detenuto e usufruiva di permessi per uscire, è intervenuto Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria: "Questa - sostiene - è la dimostrazione che in carcere molto spesso non ci sono stinchi di santo e che il lavoro della polizia penitenziaria è fondamentale per la sicurezza dei cittadini anche se qualcuno, con la storia dei torturatori, sta giocando a smantellarla".

Il sindacato Siap: "Tentato femminicidio sventato grazie all’intervento della Polizia"

“L’intervento delle volanti del Commissariato Barriera Milano e dell’UPG hanno impedito che si portasse a compimento l’ennesimo feroce femminicidio” – commenta Pietro Di Lorenzo, Segretario Generale Provinciale del SIAP, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato –. Siamo grati a qui colleghi che questa notte hanno salvato la vita alla giovane donna quasi sgozzata dal fidanzato, detenuto alle Vallette, ma in circolazione grazie ai permessi per lavorare. Quello del femminicidio è un enorme gravissimo problema che deve essere affrontato a 360° gradi non solo tramite strumenti adeguati di perseguimento del reato ma anche, e soprattutto, attraverso grandi investimenti per l’educazione e rieducazione culturale delle vaste parti della società che hanno perso i principi fondamentali della convivenza civile e del rispetto verso l’altro, soprattutto se parliamo di bambini, donne ed anziani. Nell’esprime solidarietà alla vittima invitiamo tutti a riflettere, ancora una volta, sull’esigenza di rivedere gli strumenti normativi che permettono, come in questo caso, la possibilità di recarsi fuori dal carcere essendo già stato condannato nel 2008 per l’omicidio della findanzata.

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