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"Stop alla vivisezione di macachi" l'appello della Lav e la replica della Facoltà di Psicologia

Oltre 7mila firme raccolte

Una petizione per dire "no" alla vivisezione sui macachi da parte dell'Università di Torino. A promuoverla è la Lav - Lega Anti Vivisezione, già arrivata a oltre 7mila firme attraverso la piattaforma change.org.

"Il Dipartimento di Psicologia dell’Ateneo piemontese, ha ricevuto l’autorizzazione e il finanziamento per una ricerca dal titolo “Lightup – Turning the cortically blind brain to see” che comporta l’uso di macachi da sottoporre a un lungo periodo di training, con immobilizzazione in più parti del corpo per ore, quasi tutti i giorni, per settimane o addirittura mesi, e all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva al fine di rendere i macachi clinicamente ciechi. Lo studio viene fatto in collaborazione con l’Università di Parma presso la quale gli animali sono stabulati", spiega la Lav.

L'associazione ha inviato un appello al Ministro della Salute, Giulia Grillo affinché revochi immediatamente l’autorizzazione a questo progetto di ricerca "e permetta la libertà di questi animali in un centro di recupero idoneo. La legge, il contesto politico e scientifico vedono prioritari i modelli non animali, una realtà sostenuta e voluta al di fuori dei nostri confini. L’Italia deve cambiare rotta se vuole avere un futuro", conclude la Lav che aggiunge che secondo il Ministero della Salute, gli animali utilizzati nel 2017 a fini sperimentali sono oltre 580mila. 

La replica della Facoltà di Psicologia dell’Ateneo piemontese

Il progetto LIGHTUP - cui si riferisce la petizione "Salviamo i macachi di Torino!" pubblicata sul sito change.org - è stato approvato e finanziato dallo European Research Council, l'Ente di ricerca più prestigioso e rigoroso a livello europeo. Tutte le procedure e gli aspetti etici sono stati vagliati e autorizzati prima dal Comitato Etico dell'Unione Europea, poi dai comitati etici e dagli organismi per la tutela del benessere animale delle Università di Torino e Parma, e infine dal Ministero della Salute. Al progetto è stato riconosciuto un valore “traslazionale”, ovvero ha una ricaduta clinica diretta per la salute umana. Il suo obiettivo ultimo è infatti di validare procedure riabilitative che permettano il recupero della vista a pazienti ciechi in seguito a una lesione al cervello. 

L’Università di Torino precisa che prima di proporre la riabilitazione ai pazienti, è però necessario che i meccanismi neurali alla base del recupero della vista siano studiati sull’animale, e le procedure riabilitative valutate rispetto alla loro efficacia e sicurezza. Non corrisponde al vero l’affermazione riportata dalla petizione pubblicata sul sito change.org per cui “lo studio verrà condotto contemporaneamente, e non dopo, anche su volontari umani”. In questa fase, lo studio su pazienti volontari si limita a caratterizzare gli effetti della lesione senza operare alcun intervento attivo. Tutti gli organismi di valutazione etica e scientifica che hanno esaminato il progetto hanno infatti confermato che per raggiungerne gli obiettivi clinici per la cura sull’Uomo, la sperimentazione animale è indispensabile. Gli stessi organismi indipendenti hanno anche convenuto che i macachi sono l’unica specie utilizzabile. A differenza di altre scimmie meno evolute, l’organizzazione cerebrale del loro sistema visivo è la più comparabile a quello umano, consentendo così di estendere i risultati e le applicazioni cliniche direttamente all'Uomo.

Contrariamente a quanto riportato nel testo della petizione e ripreso da alcune testate giornalistiche, gli animali non verranno resi ciechi. Sarà invece prodotta una macchia cieca, circoscritta ad una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata ad un solo lato (destro o sinistro). Come hanno dimostrato numerosi studi precedenti, questa operazione ha un impatto minimo e l’animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente nell'ambiente, alimentarsi ed interagire con i propri simili. Inoltre, il cervello non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore.

Quanto alla trasparenza, la normativa prevede che il Ministero renda pubblica la “sintesi non tecnica” dei progetti autorizzati. Già il Prof.Marco Tamietto ha reso pubblico il documento. Le norme prevedono un equilibrio tra il principio di trasparenza e la riservatezza necessaria per tutelare "i profili di proprietà intellettuale riferiti agli studi in corso".

Infine, si tiene a precisare che nessuno dei filmati e delle immagini presentati negli articoli si riferiscono a sperimentazioni relative al progetto cui fa riferimento la petizione.

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